L’Abruzzo malato di ludopatia, mentre un emendamento alla legge di stabilità potrebbe assegnare fondi ai comuni con più slot machine.
C’è chi si è già giocato tutto, dai soldi per la comunione della figlia alla propria dignità. Chi inventa scuse con il coniuge per uno stipendio che non è in ritardo, ma in fumo. C’è chi ha perso la casa, la macchina, l’azienda, la famiglia e gli amici, eppure continua a ripetere a se stesso quello stupido mantra: smetto quando voglio, giusto il tempo di un’ultima giocata, quella risolutiva, e poi stop. Invece poi continua, vincendo e perdendo, perché tanto la malattia del giocatore è una e una sola e si chiama gioco. La ludopatia rappresenta il 4% del pil nazionale, è la terza industria del Paese: sono 10 milioni i giocatori d’azzardo abituali, 800.000 quelli già malati. Lo Stato ci guadagna – incassa 9 miliardi, anche se poi ne spende 6 per curare chi è schiavo del gioco. Il servizio dipendenze della Asl di Pescara segue 140 persone, il 30% in più dell’anno scorso. In media, gli abruzzesi spendono 1500 euro l’anno a testa, bambini compresi, per slot, gratta e vinci, scommesse, lotto. Difficile, in questo scenario, comprendere la logica di un emendamento alla legge di stabilità che fisserebbe un fondo aggiuntivo da assegnare ai Comuni con più slot machine, soldi che poi sarebbero destinati a curare i malati di gioco. Una scelta schizofrenica, secondo Moreno Di Pietrantonio, responsabile del servizio contro le ludopatie del Sert di Pescara.
Il servizio sulle ludopatie in Abruzzo:
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