Nella sola provincia di Chieti il 60% dei ‘malati di gioco’ è donna. Spesso finiscono nelle mani degli usurai e faticano a riconoscersi malate.
Arrivano a giocarsi in pochi mesi i risparmi di una vita senza rendersi conto che la loro è una vera e propria malattia: minimizzano, negano e spesso arrivano a mentire a loro stesse ancor prima che ai propri cari. Sono le donne malate di gioco, le donne affette da ludopatia. Madri e non, giovani e anziane, senza un lavoro oppure professioniste: le donne che finiscono nella trappola della dipendenza dal gioco d’azzardo non rispondono ad un identikit specifico e delineato essendo sempre più numerose ed eterogenee. Un fenomeno in crescita esponenziale dai contorni socio-sanitari allarmanti: per questo la consigliera provinciale di parità a Chieti Anna Rita Guarracino, anche in base alla sua esperienza professionale di sociologa, ha istituito un tavolo capace di monitorare numeri ed esperienze provando, tutti insieme amministratori ed esperti, a fornire una risposta concreta alle tante richieste di aiuto. Non è affatto raro il caso di donne malate d’azzardo le quali non potendo contare su uno stipendio autonomo arrivano a giocarsi i risparmi di famiglia oppure ad ipotecare oggetti cari e preziosi. Per non parlare del gioco che diventato debito spinge la donna nella trappola degli usurai. La ludopatia può portare a rovesci finanziari, alla compromissione dei rapporti, al divorzio, alla perdita del lavoro, allo sviluppo di dipendenza da droghe o da alcol fino al suicidio. Nel 2012, infatti, il Ministero della Salute ha inserito la ludopatia nei livelli essenziali di assistenza (Lea), ma i fondi destinati alle Asl oppure ai comuni sono sempre meno con ciò che questo comporta in termini di diagnosi e cura del paziente.
” La ludopatia è un gigante – ha concluso la Guarracino- quindi solo essendo in tanti, ciascuno in base al proprio ruolo o competenza, possiamo provare a combatterlo”.
Il servizio del Tg8:
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