Un 16enne senegalese con la mandibola rimasta chiusa a seguito di un pestaggio in Libia, ha recuperato la mobilità ossea dopo un’intervento chirurgico all’ospedale San Salvatore dell’Aquila
Con un intervento chirurgico unico nel suo genere in Abruzzo e uno dei primi in Italia, all’ospedale dell’Aquila torna ad aprire la bocca un 16enne che per 3 anni non ha potuto mangiare e parlare a causa di una limitata funzionalità mandibolare, provocata da un pestaggio in Libia.
Il ragazzo senegalese, ospite di una struttura di accoglienza in provincia dell’Aquila, non aveva curato la frattura alla mandibola, provocando così nel tempo la fusione dell’articolazione tanto da avere un’apertura orale di meno di un centimetro.
L’intervento chirurgico durato 10 ore, eseguito dall’Unità operativa di chirurgia maxillo-facciale dell’ospedale dell’Aquila, diretta da Filippo Giovannetti, è servito a innestare bilateralmente una protesi custom made dell’articolazione temporo mandibolare, una soluzione innovativa costruita su misura del paziente. Grazie a questo impianto, l’apertura della bocca raggiunge ora i 4 centimetri.
Dopo le prime visite specialistiche presso l’ospedale aquilano, si è aperta una fase di studio meticoloso per la realizzazione delle protesi al titanio in maniera computerizzata.
«Tra qualche giorno il ragazzo verrà dimesso e dovrà seguire un percorso di riabilitazione per riprendere la completa funzionalità», spiega Filippo Giovannetti, direttore dell’Unità operativa di chirurgia maxillo-facciale dell’ospedale dell’Aquila.
L’intervento si è svolto in collaborazione con il dottor Andrea Battisti e il dottor Paolo Priore, chirurghi del team del professor Valentino Valentini, ordinario di Chirurgia maxillo-facciale presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma. Al risultato ha concorso anche l’équipe anestesiologica, diretta dal professor Franco Marinangeli e coordinata dal dottor Francesco Vacca, e quella chirurgica con il dottor Ettore Lupi, il dottor Antonio Oliva e la dottoressa Flavia Maesa.