Ovunque anche in Abruzzo oggi si celebra Il Giorno del ricordo una solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio di ogni anno, che ricorda i massacri delle foibe e l’esodo giuliano dalmata. Alcuni comuni si sono svegliati con striscioni e volantini in memoria dei Martiri delle foibe a firma della Comunità Militante Coscienza e Dovere
Nel 1943, dopo tre anni di guerra, le cose si erano messe male per l’Italia. Il regime fascista di Mussolini aveva decretato il proprio fallimento con la storica riunione del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943. Ne erano seguiti lo scioglimento del Partito fascista, la resa dell’8 settembre, lo sfaldamento delle nostre Forze Armate. Nei Balcani, e particolarmente in Croazia e Slovenia, le due regioni balcaniche confinanti con l’Italia, il crollo dell’esercito italiano aveva fatalmente coinvolto le due capitali, Zagabria (Croazia) e Lubiana (Slovenia).
Qui avevano avuto il sopravvento le forze politiche comuniste guidate da Josip Broz, nome di battaglia “Tito”, che avevano finalmente sconfitto i famigerati “ustascia” (i fascisti croati agli ordini del dittatore Ante Pavelic che si erano macchiati di crimini), e i non meno odiati “domobranzi”, che non erano fascisti, ma semplicemente ragazzi di leva sloveni, chiamati alle armi da Lubiana a partire dal 1940, allorché la Slovenia era stata incorporata nell’Italia divenendone una provincia autonoma.
La prima ondata di violenza esplose proprio dopo la firma dell’armistizio, l’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani jugoslavi di Tito si vendicarono contro i fascisti che, nell’intervallo tra le due guerre, avevano amministrato questi territori con durezza, imponendo un’italianizzazione forzata e reprimendo e osteggiando le popolazioni slave locali.
Con il crollo del regime – siamo ancora alla fine del 1943 – i fascisti e tutti gli italiani non comunisti vennero considerati nemici del popolo, prima torturati e poi gettati nelle foibe. Morirono, si stima, circa un migliaio di persone. Le prime vittime di una lunga scia di sangue. Tito e i suoi uomini, fedelissimi di Mosca, iniziarono la loro battaglia di (ri)conquista di Slovenia e Croazia – di fatto annesse al Terzo Reich – senza fare mistero di volersi impadronire non solo della Dalmazia e della penisola d’Istria (dove c’erano borghi e città con comunità italiane sin dai tempi della Repubblica di Venezia), ma di tutto il Veneto, fino all’Isonzo. Nella primavera del 1945 l’esercito jugoslavo occupò l’Istria (fino ad allora territorio italiano, e dal ’43 della Repubblica Sociale Italiana) e puntò verso Trieste, per riconquistare i territori che, alla fine della Prima guerra mondiale, erano stati negati alla Jugoslavia. Gli jugoslavi si impadronirono di Fiume e di tutta l’Istria interna, dando subito inizio a feroci esecuzioni contro gli italiani. Ma non riuscirono ad assicurarsi la preda più ambita: la città, il porto e le fabbriche di Trieste.
Tra il maggio e il giugno del 1945 migliaia di italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia furono obbligati a lasciare la loro terra. Altri furono uccisi dai partigiani di Tito, gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati. Secondo alcune fonti le vittime di quei pochi mesi furono tra le quattromila e le seimila, per altre diecimila. Fin dal dicembre 1945 il premier italiano Alcide De Gasperi presentò agli Alleati «una lista di nomi di 2.500 deportati dalle truppe jugoslave nella Venezia Giulia» e indicò «in almeno 7.500 il numero degli scomparsi». In realtà, il numero degli infoibati e dei massacrati nei lager di Tito fu ben superiore a quello temuto da De Gasperi. Le uccisioni di italiani – nel periodo tra il 1943 e il 1947 – furono almeno 20mila; gli esuli italiani costretti a lasciare le loro case almeno 250mila.
Come vedete dalle foto l’iniziativa ha coinvolto i comuni di Roseto degli Abruzzi, Nereto, Chieti e Pescara. Varie sono anche le scuole superiori che nei giorni precedenti al 10 Febbraio – Giorno del Ricordo degli italiani assassinati e perseguitati per opera della pulizia etnica dei partigiani jugoslavi, istituito solo nel 2004 – hanno visto volantinare i militanti di Coscienza e Dovere per riaffermare l’importanza e il significato di questa pagina dimenticata della storia del nostro Paese.
“È, per noi, un obbligo morale quello di riportare alla luce la memoria di tutti gli esuli e le vittime dell’odio jugoslavo. Non è più accettabile che a ottant’anni di distanza – per mantenere in vita fantocci ideologici – si neghi, si mistifichi e si revisioni quella che fu la massima espressione dell’odio anti-italiano, negando l’identità e l’unità nazionale. È arrivato il momento di lavorare capillarmente per portare tutti gli studenti e i cittadini d’Abruzzo e d’Italia a una maggiore attenzione e consapevolezza di questo triste fenomeno storico”.
A Lanciano ( vedi foto) per il “Giorno del Ricordo” la deposizione di una corona di alloro al Monumento in Largo Martiri delle Foibe.
Anche a Vasto il sindaco ha voluto tributare un commosso e partecipato ricordo a questa pagina drammatica della storia italiana.