Il comportamento delle micro imprese nell’emergenza Covid, letto dalla CNA Abruzzo, evidenzia chiusure contenute, ma export a picco. Tra gennaio e giugno meno chiusure degli ultimi cinque anni, male invece l’export.
Dallo studio presentato oggi dalla CNA Abruzzo emergono due dati che sembrano contraddittori, e forse lo sono. Tuttavia abbiamo imparato a nostre spese che la pandemia ha scompaginato tutto, figuriamoci l’economia. Così è inutile stupirsi se tra gennaio e giugno le aziende abruzzesi hanno fatto registrare il più forte calo delle cancellazioni negli ultimi cinque anni, e però, allo stesso tempo, questo 2020 rappresenterà probabilmente la debacle delle esportazioni.
Il quadro complessivo è emerso dalla conferenza stampa che questa mattina la Cna Abruzzo ha tenuto a Pescara, con il presidente e il direttore regionale, rispettivamente Savino Saraceni e Graziano Di Costanzo. Numeri alla mano, è stato riportato quanto l’impatto dell’epidemia abbia prodotto nei primi sei mesi dell’anno nel sistema Abruzzo, soprattutto nel mondo della piccola impresa.
“L’insieme delle misure messe in campo per fronteggiare la drammatica emergenza Covid-19, – si legge nella nota della CNA – soprattutto cassa integrazione in deroga, blocco del pagamento di mutui e tasse, ha permesso sin qui al sistema delle imprese abruzzesi di poter respirare. Ma per fronteggiare un futuro che non si annuncia affatto facile occorre adesso poter contare su altri provvedimenti, soprattutto legati al credito”.
A chiarire lo scenario sono state le cifre presentate dal ricercatore Aldo Ronci in due distinti studi realizzati per la confederazione artigiana, dedicati a dinamica delle imprese ed export: studi che rivelano un quadro profondamente diverso. Il primo svela un dato sorprendente e per certi aspetti paradossale:
“Il decremento delle imprese artigiane si ferma a quota -273, ovvero la cifra più bassa del quinquennio tra gennaio e giugno da cinque anni a questa parte, proprio nel bel mezzo del picco della pandemia. La flessione registrata ha colpito indistintamente le quattro province, a partire da Pescara (-84), seguita da Teramo (-73), Chieti (-68) e L’Aquila (-48), incidendo più profondamente nel manifatturiero (-82), servizi alla persona (-83), costruzioni (-47), trasporti (-19), riparazione auto e prodotti per la casa (-20)”.
La ricerca di Ronci rivela come siano stati il mondo dell’artigianato e della micro impresa a pagare il prezzo più alto: le 273 imprese sono infatti la quasi totalità delle perdite registrate sommando tutta l’impresa abruzzese (274). Più problematico, simmetricamente rovesciato, è invece il quadro offerto dalle cifre sulle esportazioni:
“I numeri relativi allo stesso periodo dicono che, rispetto al 2019, si sono persi 715 milioni di euro (3.668 contro 4.383), con una media superiore a quella nazionale di un punto: 16,3% contro 15,3%. Una perdita – in questo caso la più grave degli ultimi cinque anni – generata evidentemente dalla chiusura imposta dalla pandemia a grandi gruppi industriali: illuminante in proposito la caduta dei mezzi di trasporto di 619 milioni, che vale il 26,3%, che ha tagliato le gambe alla provincia di Chieti. Perdita di enormi dimensioni solo parzialmente compensata dalle performance del farmaceutico (153 milioni in più arrivato quasi tutto dal polo aquilano, con un 112% in più, che consente di fare della provincia dell’Aquila l’unica d’Abruzzo con il segno positivo), ma anche dalle apparecchiature elettroniche (32 milioni in più)”.
Secondo la CNA ora serve un cambio di passo per sostenere le attività produttive.
“Serve adesso un deciso cambio di passo, oppure il carattere e la tenacia manifestati dai piccoli imprenditori abruzzesi durante i mesi di fuoco dell’epidemia rischiano di essere vanificati e non bastare – dice il presidente regionale di Cna Abruzzo, Savino Saraceni – il risultato sorprendente che ci consegnano i dati su andamento delle imprese ed export nei primi sei mesi dell’anno è certamente frutto della combinazione delle misure di sostegno messe in campo dal Governo: soprattutto cassa integrazione in deroga, blocco di tasse e mutui. Ed in parte minore dalle misure varate dalla Regione. Ma adesso serve di più: il problema vero è che restano in piedi problematiche strutturali da affrontare, perché fra poco i benefici cesseranno, ed allora tasse elevate e burocrazia torneranno a pesare come macigni sulla vita degli imprenditori”.
In primo piano, nelle richieste che la CNA rivolge ora soprattutto alla Regione, c’è il nodo del credito
“I finanziamenti erogati attraverso il Fondo centrale di garanzia in base ad alcune delle misure varate dal Governo, come i decreti “Liquidità” e “Cura Italia” – ha affermato il direttore Graziano Di Costanzo – hanno consentito in Abruzzo, alla data del 22 settembre scorso, di erogare finanziamenti a una platea di poco superiore alle 27mila unità. Una cifra che però, come spiega l’analisi condotta da Ronci, accontenta una platea solo del 17% del totale delle imprese e dei professionisti dell’Abruzzo. Se poi si considera che, almeno per il finanziamento limitato a 30mila euro, ovvero quello maggiormente richiesto dalle piccole imprese, il contributo effettivamente erogato non può superare il 25% del fatturato, la somma media effettiva si abbassa a 18mila euro”.
Infine, a detta della CNA, le politiche legate ai tanti bonus, se da un lato hanno rappresentato un ristoro per aziende in gravi difficoltà, hanno però mostrato spesso limiti strutturali:
“Quello ad esempio legato alla sanificazione degli ambienti di lavoro, che prometteva contributo del 60% della spesa, ha visto erogare solo il 9%, e questo in ragione dell’altissimo numero di richieste. Adesso tocca soprattutto alla Regione prevedere meccanismi che siano in grado di inserire nei bilanci delle imprese una ingente massa di liquidità: sull’agenda del confronto con la Giunta Marsilio finisce in primo piano la richiesta di ingenti misure a sostegno dei confidi, in modo da favorire l’accesso al credito delle micro imprese”.