A distanza di 19 anni dal duplice omicidio dell’avvocato Libero Masi e della moglie Emanuela Chelli, avvenuto nella notte tra il primo e il 2 giugno 2005 e rimasto senza colpevoli, parte una nuova inchiesta sul caso su iniziativa del procuratore Ettore Picardi di Teramo. A riportarlo è il quotidiano regionale “Il Centro”
I coniugi, entrambi 57enni, furono massacrati a colpi di machete nella loro villa di Nereto. Le indagini furono chiuse e riaperte due volte prima dell’archiviazione del 2010: nel decreto firmato dall’allora gip di Teramo, Guendalina Buccella, si legge che “quanto all’ipotizzata rapina gli accertamenti davano esito negativo, non potendo poi, trascurare, il significato del successivo rinvenimento della cospicua somma di denaro che l’avvocato aveva riscosso il pomeriggio dell’omicidio”.
Anche per i cinque sospettati, tre marsicani e due teramani, ci fu l’archiviazione: in riferimento ai primi tre le indagini hanno consentito di “escludere la loro presenza nella zona di Nereto in epoca compatibile con il delitto, di apprezzare l’incompatibilità dell’ascia rinvenuta nella loro abitazione con quella utilizzata nella villetta di Nereto e di accertare che le impronte dei tre non corrispondono a quelle trovate nella casa dei Masi”. A complicare le indagini ci fu anche la figura di Massimo Bosco – disoccupato poi deceduto ad Arezzo nel 2013 – all’epoca dei fatti residente in Val Vibrata, che si era autoaccusato di essere il responsabile, insieme ad altre due persone, dell’omicidio: non fu creduto e venne condannato a due anni e dieci mesi per calunnia.
Nel 2012 l’ex parlamentare radicale teramano, Pio Rapagnà (deceduto nel 2018, ndr), inoltrò un’istanza di riapertura delle indagini al Ministro della Giustizia e alla Commissione Parlamentare Antimafia per verificare la possibilità che gli assassini possano essere arrivati in casa della coppia “alla ricerca dei documenti ritrovati a Palermo il 17 febbraio precedente in casa di Massimo Ciancimino” e ciò per effetto di uno scambio di persona.