“Siamo naturalmente preoccupati per le vertenze Riello e Brioni, ma penso che tutta l’Italia stia vivendo una fase difficile. Sapevamo, e tutti gli analisti sapevano, che passata la pandemia, finite le misure straordinarie di cassa integrazione e finito il blocco dei licenziamenti, alcuni comparti industriali avrebbero conosciuto dei contraccolpi forti”. Parole quelle del presidente della Regione Marsilio che danno il senso della grave crisi occupazionale che anche l’Abruzzo sta vivendo.
La Riello lascia lo stabilimento di Villanova di Cepagatti. È la stessa proprietà, attraverso una nota stampa a spiegare i motivi che hanno portato alla decisione di chiudere il sito del pescarese provocando la reazione dei lavoratori e dei sindacati. Annunciato un presidio dal 6 settembre. L’azienda attraverso una nota spiega che “a seguito di un’attenta analisi del mercato che si presenta in rapida evoluzione e della competitività delle nostre operazioni, abbiamo deciso di interrompere le attività del nostro stabilimento di Pescara e di concentrarle presso altri impianti con capacità disponibile a Legnago (VR), Volpago del Montello (TV) in Italia, e Torun in Polonia. Questa decisione ha lo scopo ottimizzare i nostri asset industriali e contribuirà a posizionare la nostra azienda per il futuro in un mercato globale sempre più competitivo. Siamo consapevoli dell’impatto di questo progetto sui dipendenti interessati. L’azienda – si conclude nella nota della Riello – si impegna a lavorare a stretto contatto con loro, i loro rappresentanti e le istituzioni in un dialogo attivo per sostenerli durante il progetto”.
“Fa rabbia – aggiunge il governatore – vedere che magari la concorrenza nei confronti del nostro Abruzzo viene fatta da zone come la Polonia dove le Zes sono state fatte subito, non si è perso tempo e sono quindi più attrattive. Noi ci siamo ritrovati in Italia, dove, come al solito, per fare una cosa ci vogliono anni. Ricordo che il governo regionale che mi ha preceduto ha approvato il programma della Zes solo un giorno prima delle elezioni per fare propaganda, approvando uno strumento che il Governo ha lungamente e più volte osservato e costringendoci a un anno e mezzo di correzioni per un progetto fatto male”.
“Ancora oggi – prosegue Marsilio – il commissario nominato mesi fa non ha ancora ricevuto la bollinatura della Corte dei Conti e non è stata costituita la struttura di missione. È chiaro che con queste armi non si può competere alla pari, perché mentre in Polonia di Zes ne hanno fatte 14 e, insieme ad un costo del lavoro più basso, ci sono sgravi fiscali che funzionano ormai da anni, in Abruzzo, e in Italia in generale, ancora aspettiamo di cominciare. L’Italia perde competitività. Bisogna cambiare decisamente passo e regole. Strumenti importanti come la Zes – conclude il presidente – non possono essere vanificati dal ritardo burocratico e dall’eterno indecisionismo della politica e delle istituzioni italiane”.