Arriveranno oggi a bordo della nave di Emergency 161 migranti provenienti da diverse nazionalità africane al porto di Ortona. Predisposti due punti logistici, uno in banchina come prima accoglienza, e poi i migranti saranno trasferiti al Palazzetto dello Sport di Villa Caldari, dove saranno rifocillati potranno riposare, perché stanno predisponendo anche delle brandine
Potrebbe essere rallentato dalle condizioni meteo, con la conseguente adozione di un differente modello organizzativo di accoglienza, l’attracco previsto per le ore 15 di oggi al porto di Ortona, della nave Ong Life Support che ha a bordo 161 migranti ovvero 26 donne, tre delle quali in gravidanza, 74 uomini, 52 minori non accompagnati e 9 minori accompagnati di varie nazionalità, in maggioranza etiopi, ivoriani e originari della Guinea Conakry, ma vi sono anche somali, nigeriani, sudanesi, camerunensi, oltre a migranti provenienti dal Ciad, dalla Liberia, dal Mali, Gambia, Burkina Faso ed Eritrea.
Secondo quanto è emerso ieri a Chieti in prefettura dalla riunione del comitato provinciale di ordine e sicurezza pubblica, presieduto dal prefetto Mario Della Cioppa, il numero di migranti ma, soprattutto, le ipotetiche condizioni atmosferiche non favorevoli, hanno reso opportuno adottare un differente modello organizzativo di accoglienza che prevede un primo screening sanitario ed i successivi controlli, sia a bordo che a terra, direttamente nel porto subito dopo lo sbarco, contemporaneamente una prima attività di ristoro all’atto dello sbarco.
In particolare al momento dell’attracco alla banchina Nuova Nord saranno eseguite le operazioni preliminari di screening sanitario a bordo, da parte del personale medico Usmaf autorizzato a salire sull’imbarcazione, quindi i migranti verranno fatti sbarcare, dando priorità ad infermi, donne in stato di gravidanza e minori, e verranno accolti in una prima area di accesso adibita all’assegnazione di un braccialetto di riconoscimento e ad un primo foto-segnalamento. I migranti saranno quindi condotti nell’area del porto allestita dalla Croce rossa italiana e dalla Protezione civile dove saranno sottoposti ad ulteriori e più approfonditi controlli da parte di sanitari della Asl, del 118, oltre che da psicologi, assistenti sociali e mediatori culturali, per poi essere trasferiti nell’area prospiciente, anch’essa riscaldata, dedicata alle primissime procedure di identificazione. Salvo situazioni sanitarie che impongano il ricovero immediato in ospedale, con i pullman messi a disposizione dalla Prefettura i profughi saranno trasportati per le fasi di identificazione, ristoro e ripartizione per il trasporto presso i centri di accoglienza,
nel palazzetto dello sport in località Villa Caldari messo a disposizione dal Comune di Ortona. Per il riparto dei migranti, ha fatto sapere la Prefettura di Chieti, si dovranno attendere le disposizioni del Ministero dell’Interno, tenuto conto della presenza di numerosi minori stranieri non accompagnati per la cui accoglienza è previsto un differente circuito rispetto a quello degli adulti.
Emanuele Nanni, capo missione: “Se non fossimo intervenuti prontamente, quelle persone si sarebbero aggiunte alle oltre 26mila morte o disperse nel Mediterraneo negli ultimi 8 anni”. Una delle donne soccorse ha affermato: “Siamo stati per tre giorni in mare, fermi, alla deriva, senza cibo e senza acqua. Se fosse successo qualcosa ai miei bambini non me lo sarei mai perdonato”.
“Durante quest’ultima missione, abbiamo svolto tre distinte operazioni di soccorso in meno di 10 ore – commenta il capo missione della Life Support, Emanuele Nannini –. Nel primo soccorso, abbiamo trovato 78 persone su un gommone di 12 metri dai tubolari quasi sgonfi e alla deriva per assenza di carburante. Abbiamo effettuato il secondo e terzo soccorso in coordinamento con le autorità italiane. In questi due soccorsi, abbiamo tratto in salvo 83 persone, tra cui donne e bambini anche molto piccoli: viaggiavano da tre giorni su imbarcazioni di 8 metri, tra le onde del Mediterraneo e con i motori in avaria. Se non fossimo intervenuti, quelle persone si sarebbero aggiunte alle oltre 26.000 morte o disperse nel Mediterraneo negli ultimi 8 anni”.
Una delle donne soccorse, di 28 anni, proveniente dalla Costa d’Avorio e mamma di una coppia di gemelli di due anni, ricorda così il viaggio: “Pensavo, se succede qualcosa ai miei bambini non me lo perdonerò mai. Siamo stati per tre giorni in mare alla deriva perché il motore non funzionava più. Avevamo finito il cibo e l’acqua. A bordo eravamo immersi nel gasolio, nelle urine, negli escrementi, nel vomito. I più piccoli piangevano senza sosta”.
Le persone soccorse nella seconda e nella terza operazione erano partite da Sfax, in Tunisia, dove nelle ultime settimane si è registrata una recrudescenza delle politiche verso le persone prive di documenti, per la maggior parte cittadini provenienti dall’Africa Sub-Sahariana.
Un’altra donna, di 40 anni e sempre della Costa d’Avorio, racconta: “Ho vissuto cinque anni in Tunisia, lavorando onestamente, fin quando non è diventato un luogo davvero pericoloso. La popolazione locale ha iniziato a lanciarci pietre per strada, a minacciarci con armi per prenderci soldi e telefoni, a incendiare le nostre case, a non pagarci più a lavoro o a licenziarci dal giorno alla notte. La legge in Tunisia non è uguale per tutti, non vengono rispettati i diritti umani. Ho ancora amici rimasti in Tunisia che al momento sono in prigione, senza aver commesso alcun crimine. Come si può restare in un Paese dove si ha paura ad uscire anche solo di casa?”.
Tra i migranti vi sono 26 donne, tra le quali tre incinte, 74 uomini, 52 minori non accompagnati, e 9 minori accompagnati, di varie nazionalità, in maggioranza Etiopi, Ivoriani e originari della Guinea Conakry, ma vi sono anche Somali, Nigeriani, Sudanesi, Camerunensi, oltre a migranti provenienti dal Chad, dalla Liberia, dal Mali, Gambia, Burkina Faso ed Eritrea. L’attracco, inizialmente previsto per le ore 15.00 del martedì 28 marzo potrebbe, secondo le ultime notizie, essere rallentato dalle condizioni meteo. Il numero di migranti ma, soprattutto, le ipotetiche condizioni atmosferiche non favorevoli, ha reso opportuno adottare un differente modello organizzativo di accoglienza che prevede un primo screening sanitario ed i successivi controlli, sia a bordo che a terra, direttamente nel porto subito dopo lo sbarco, Quindi contemporaneamente una prima attività di ristoro con generi di conforto all’atto dello sbarco, sempre quindi in porto.