Parco nazionale della Majella: Appennino Ecosistema denuncia la Regione alla Commissione Europea per danni permanenti ad habitat prioritario dell’Unione Europea. A due mesi dalla denuncia di Appennino Ecosistema, i gravissimi danni alle faggete sono ora formalmente all’ attenzione della Commissione Europea.
Appennino Ecosistema ha inviato stamane una formale denuncia per violazione del diritto dell’Unione Europea alla Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea, nella quale si contesta alla Regione Abruzzo di aver violato l’art. 6, c. 4, della Direttiva 92/43/CEE “Habitat”, per aver autorizzato il taglio forestale senza la necessaria dichiarazione di incidenza non significativa, nonostante la presenza di un habitat prioritario, in area del SIC IT7140203 “Maiella” e della ZPS IT7140129 “Parco Nazionale della Maiella”. La Commissione approfondirà ora la questione, esponendo l’Italia alla possibilità dell’apertura dell’ennesima procedura d’infrazione per violazione delle normative europee in campo ambientale.
La formalizzazione della denuncia era stata richiesta direttamente dalla Commissione Europea, dopo l’esposto di Appennino Ecosistema del 27 novembre scorso alla Procura della Repubblica di Sulmona, ai Carabinieri e al Ministero dell’Ambiente sui gravissimi danni riscontrati all’ecosistema forestale in piena Zona B del Parco nazionale della Majella. Il 3 dicembre scorso il Ministero dell’Ambiente aveva poi formalmente chiesto di “riscontrare le osservazioni” di Appennino Ecosistema al Parco e ai Carabinieri e il 18 dicembre l’Ente Parco aveva fornito la documentazione richiesta sui lavori connessi ad un cantiere forestale di grandi dimensioni per scopi commerciali, in località Fonte Romana/Difesa di Pacentro (Pacentro – AQ), con una relazione del proprio Ufficio Forestale che confermava i gravi danni al suolo e all’ecosistema di un’ampia area con superficie pari a circa 12 ettari, qualificandoli come “danno permanente all’habitat prioritario”. Il ripetuto transito dei trattori utilizzati per l’esbosco del legname sul delicato suolo forestale ha prodotto una devastazione senza precedenti in una delle aree più intatte del Parco nazionale. E tutto ciò a pochi passi dalla Strada Provinciale n. 54 “Frentana”, sotto gli occhi degli addetti all’Ente Parco e dei Carabinieri Forestali che hanno il compito di controllare il territorio del Parco.
Appennino Ecosistema aveva poi inviato, il 27 dicembre, un seguito al precedente esposto, nel quale evidenziava che la relazione dell’Ente Parco, oltre a confermare la violazione delle numerose norme già citate nell’esposto (codice penale, art. 452-quinquies, art. 733-bis e art. 635, L. n. 394/1991, art. 6, c. 3, art. 11, c. 3 e art. 30, c. 1), apriva la possibilità di contestare all’impresa boschiva la più grave violazione dell’ art. 452-bis del codice penale, uno dei cosiddetti “delitti ambientali” recentemente introdotti nel codice, che punisce con la reclusione fino a 6 anni e con la multa fino a 100.000 € “chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna”.
Nella stessa nota, Appennino Ecosistema evidenziava come l’autorizzazione rilasciata dalla Regione all’impresa boschiva fosse da ritenersi palesemente illegittima, in quanto non conteneva la necessaria dichiarazione di incidenza ambientale non significativa del progetto di taglio, che spetta alla Regione stessa. I lavori sono stati quindi eseguiti in mancanza della relativa autorizzazione prevista dalla Direttiva habitat dell’Unione Europea e dal DPR n. 120/2013, configurandosi così il reato previsto dal Codice del paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004, art. 181 c. 1), con le sanzioni previste dalla legge urbanistica (L. n. 47/1985, art. 20).
Si evidenziava anche che nello stesso “progetto esecutivo di taglio e valutazione di incidenza ambientale”, redatto da un dottore forestale senza alcuna partecipazione di biologi o naturalisti, viene accertata una “limitata criticità per flora e fauna”, dichiarando poi unilateralmente (ed impropriamente) che l’intervento “non inciderà negativamente” sulle aree della Rete Natura 2000. Ragionevolmente, le criticità accertate per la flora e la fauna non potevano quindi far escludere possibili incidenze negative su queste componenti fondamentali dell’ecosistema e quindi sull’habitat prioritario, anche perché l’estensore dello Studio di incidenza ambientale non possedeva la necessaria preparazione scientifica per poter affermare il contrario. Nessuno avrebbe potuto quindi autorizzare l’esecuzione del progetto dichiarandone la sua incidenza ambientale non significativa, senza almeno richiedere un approfondimento dello Studio con la collaborazione di figure professionali qualificate nel settore ecologico, anche perché la procedura autorizzativa prevista dall’art. 6, c. 4 della Dir. 92/43/CEE (e dal relativo art. 5, c. 10 del D.P.R. n. 357/1997, come modificato dal D.P.R. n. 120/2003) nel caso di incidenza significativa su habitat o specie indicati come “prioritari” negli Allegati I e II alla Direttiva UE Habitat è particolarmente aggravata, poiché per autorizzare la realizzazione del progetto possono essere addotte soltanto “considerazioni connesse alla salute dell’uomo ed alla sicurezza pubblica” o anche, ma in questo caso previo parere obbligatorio e vincolante della Commissione Europea, “altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”, situazioni chiaramente al di fuori delle motivazioni dell’intervento in corso.
Nella nota, Appennino Ecosistema evidenziava infine come le prescrizioni fornite dall’Ente del Parco nazionale della Majella e dalla Regione all’impresa boschiva apparissero irragionevoli e contraddittorie: queste imponevano infatti all’impresa boschiva la sospensione dei lavori nel periodo marzo-giugno (Ente Parco 02/07/2018) e in quello ottobre-novembre (Regione 10/09/2018), arco temporale successivamente modificato in luglio-settembre (Regione 20/09/2018). Si consideri che il periodo nel quale si sono verificati i fatti in esame coincide proprio nel mese di novembre, che nel 2018 è stato caratterizzato da precipitazioni frequenti ed intense che hanno reso l’ecosistema ancor più sensibile agli interventi che lo hanno poi irreparabilmente danneggiato.