“L’Archivio di Stato di Chieti, candidato come ente organizzatore e promotore di iniziative in occasione delle Celebrazioni per il centenario della morte del deputato antifascista Giacomo Matteotti che ricorre il 10 giugno 2024, ha dato il via al riordinamento e all’inventariazione del fondo archivistico del Partito Nazionale Fascista (PNF)
“L’intervento, senza precedenti, è motivato dal fatto che il fondo del PNF, sezione locale di Chieti, comprende documentazione correlata a quella già oggetto di inventariazione e digitalizzazione del
processo – fanno sapere dall’Archivio abruzzese – che si tenne a Chieti nei confronti degli assassini di Giacomo Matteotti, in un’ottica di messa a disposizione degli studiosi del maggior numero di fonti possibili ai fini di un confronto tra gli stessi che avverrà in occasione di un convegno/giornata di studio che si terrà a settembre 2024 a Chieti”.
Due le istruttorie che, tra il 1924 e il 1925, si occupano del delitto Matteotti: quella della Sezione d’Accusa della Corte d’Appello di Roma, e quella della Commissione istruttoria del Senato, costituitasi in Alta Corte per giudicare Emilio De Bono. La prima è costretta a interrompere i propri lavori nel dicembre 1924, dopo la denuncia di Giuseppe Donati, direttore del periodico cattolico “Il Popolo”, presentata contro il capo della polizia, per il quale viene comunque chiesto il non luogo a procedere per tutti i sedici capi d’accusa.
Per motivi di ordine pubblico il governo ritiene opportuno far celebrare il processo nell’appartata cittadina abruzzese di Chieti. Il 18 gennaio 1926, tuttavia, la parte civile, cioè la famiglia Matteotti, attraverso i suoi avvocati, comunica il suo ritiro dal procedimento giudiziario. La presenza di Farinacci quale avvocato di Dumini ha un unico e inequivocabile significato: il fascismo si candida direttamente a difesa degli assassini. La corte considera il delitto Matteotti come preterintenzionale, ammettendo persino la concausa della debole costituzione fisica della vittima; del tutto escluso il movente affaristico. Dumini, Poveromo e Volpi vengono condannati a 5 anni, 11 mesi e 20 giorni. Con l’applicazione dell’amnistia, entrata in vigore il 31 luglio 1925, Malacria e Viola sono liberi, gli altri rimangono in carcere ancora due mesi.
Il 27 luglio 1944, il decreto luogotenenziale n.159 riapre il processo Matteotti dal momento in cui considera inesistenti le sentenze della Sezione d’Accusa di Roma del 1 dicembre 1925 e quella di Chieti del 24 marzo 1926. Gli imputati dell’esecuzione materiale di Matteotti sopravvissuti e presenti sono solo Dumini e Poveromo; Viola e Malacria (deceduto nel marzo 1934) risultano latitanti. A Mussolini viene imputata la correità nel sequestro e nell’omicidio aggravato e qualificato di Matteotti, cui si aggiungono la costituzione della Ceka e le numerose spedizioni punitive compiute dal gruppo omicida, di cui viene riconosciuto come mandante. Cesare Rossi se la cava con l’amnistia. Dumini, Viola, Poveromo sono condannati all’ergastolo, con pena commutata in trent’anni di reclusione. Poveromo muore in carcere a Parma nel 1952; Dumini ottiene la grazia e viene definitivamente liberato il 23 marzo 1956.