Presentato il dossier sulla Riserva Dannunziana realizzato dall’associazione Radici in Comune di Pescara. Dove finisce il legname della Pineta incendiata?
L’associazione ha sottolineato come la Riserva, istituita 24 anni fa, ad oggi non risulti ancora dotata di un comitato di gestione né della direzione scientifica. Radici in Comune ha documentato quella che definisce “inerzia gestionale naturalistica più totale”.
“L’assenza del comitato di gestione è stata quanto mai grave in occasione del devastante incendio del primo agosto 2021, quando è apparso chiaro la sua fragilità nel rimbalzo di competenze e responsabilità. Una serie di mancanze e di errori che porta fino a oggi, allo stato desolante di una sconfitta. Il 14 settembre 2021, nel consiglio comunale straordinario successivo all’incendio, le associazioni del Coordinamento Salviamo gli Alberi di Pescara hanno richiesto approccio e controllo scientifici tramite l’organo previsto di un Comitato di Gestione.
L’amministrazione ha risposto mantenendo la gestione in capo alla Giunta e agli uffici tecnici, un vuoto di controllo. Tale vuoto si è cercato di colmare con un tavolo tecnico, volontario, a chiamata, composto dai tecnici ed esperti Pirone, Febbo e Savini, che hanno cercato di dare gli indirizzi di azione per il post incendio, senza nessun potere se non quello consultivo.
Pirone, Febbo e Savini lavorano, studiano, producono la loro relazione nel novembre del 2021, individuano con bandierine le piccole plantule di pini d’Aleppo che stavano nascendo e cominciano a dare indicazioni operative. Indicazioni disattese, come la più importante: nell’estate del 2022 il team più volte richiede di supportare la giovane vegetazione con acqua, nulla è stato fatto, e come comprovato dal monitoraggio dell’Università dell’Aquila (ottobre 202) la Riserva perde un 50% delle plantule nate per la forte siccità estiva (relazione Università dell’Aquila). Parallelamente al tavolo degli esperti che, capiamo ora, essere una facciata di buoni intenti per le associazioni e cittadinanza, l’ordine degli Agronomi a gennaio 2023, con una lettera che salta il tavolo formato, caldeggia la chiamata della fondazione Alberitalia (ordine agronomi Riserva e risposta nota ordine da parte esperti). Tale fondazione viene incaricata così di uno studio per la ripresa e prepara le linee guide, che vengono accolte e utilizzate per la preparazione dell’appalto del disboscamento degli alberi morti. (relazione Alberitalia)
La mancanza di un controllo, nessun comitato di gestione, gli esperti volontari non coinvolti, portano al disastro finale: il cantiere iniziato nel 2023 ha esboscato sì i tronchi di pino morti, ma uccidendo la stessa ripresa naturale della Riserva: nessun rispetto delle giovani plantule:
- i letti di caduta dei tronchi non sono stati controllati per cercare di non schiacciare le plantule
- i cingolati entrati nell’area hanno poi portato all’ennesima falcidiazione dei giovani pini d’Aleppo, i nostri pini, il cui corredo genetico è fondamentale.
È stato un vero esbosco. Uno scempio ambientale. Un disastro annunciato, direbbero gli esperti. L’amministrazione ha sbandierato come sempre i finanziamenti. Ma non i risultati:
- i tronchi sono distesi fuori e dentro la riserva in attesa di conferimento misterioso, visto che nessuno rispetta i CAM previsti come obbligatori dal relativo Decreto del 2020 e dal Codice degli appalti, dal 2016 al 2023;
- le plantule contate a una a una sia dagli esperti che dall’Università sparite dal controllo dei monitoraggi;
- le prescrizioni delle relazioni disattese, nessuno poteva entrare nel cantiere a controllare per motivi di sicurezza. Oggi vediamo il risultato finale di una rinnovazione interrotta e distrutta per incuria.
E così oggi già si parla che la Fondazione Alberitalia porterà nuove plantule di Pino d’Aleppo, una notizia sbandierata come un successo, mentre la verità è l’ammissione di una clamorosa dichiarazione di sconfitta, l’ennesima, per il compito che ha una amministrazione: cercare di tutelare il patrimonio della Riserva Regionale Pineta Dannunziana”.
La conferenza stampa è stata preceduta da un flashmob sul destino del legname di esbosco delle attuali operazioni di bonifica.
“Un nuovo incendio incombe sulla Riserva Dannunziana. – si legge nella nota dell’associazione – Dopo quello della triste giornata del primo agosto del 2021, che ha mandato in fumo centinaia e centinaia di arbusti e alberi, ora se ne annuncia uno nuovo, subdolo, invisibile e ancor più distruttivo, e questa volta deciso e voluto dall’uomo. Ma a differenza del primo, a cui farà seguito nuova vita, il secondo molto probabilmente darà luogo a energia e poi … anidride carbonica: CO2.
Dai alcuni organi di informazione si apprende che i tronchi rimossi dalle aree percorse dal fuoco del 2021, e per adesso stoccati in cataste recintate sempre all’interno dell’area protetta, saranno venduti. A chi? Per farne cosa? Appare curioso che, interrogato uno degli operai sul cantiere, si viene a sapere che il materiale è del Comune e che l’azienda impegnata nei lavori lo deve solo accatastare. Di chi è quindi questo materiale? Qual è il suo destino?”.
Un’altra nota dell’associazione, pubblicata sul sito Radici in Comune, segnala che il legname esboscato, in parte carbonizzato o decomposto, ha un basso o quasi nullo valore di mercato, ma potrebbe trovare una possibile commercializzazione nell’ambito delle biomasse per scopo energetico.
“Si suggerisce all’amministrazione di verificare tale possibilità, ad esempio potrebbe essere appetibile per la centrale a biomasse presente a Termoli, in Molise. Torna utile citare il Codice degli appalti sul verde a cui l’amministrazione DEVE attenersi, e soprattutto i Cam, criteri ambientali minimi, molto chiari e rigidi nelle procedure, che NON contemplano la destinazione energetica di tronchi e ramaglie, ma compostaggio in loco o in impianti dedicati. È la legge. E in più prevede che vengano predisposti progetti chiari di uso degli scarti e campagne educative di carattere ambientale. A Pescara sembra che la norma non sia ancora pervenuta, o non sia nota.
Non è proprio previsto che il legname della Riserva vada a finire in fumo, e quindi in CO2, in deciso contrasto con i principi ispiratori del Piano d’Azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione (Green Public Procurement, gli acquisti verdi) i cui obiettivi DEVONO (non POSSONO) essere perseguiti dagli Enti locali. Comune di Pescara compreso”.