La sera dello scorso 20 agosto una rapina presso la parafarmacia Fedel Farma di via Tiburtina. Ad agire due malviventi di sesso maschile, travisati in volto.
Uno dei malfattori, armato di pistola, aveva minacciato una dipendente ed una cliente e prelevando dalla cassa la somma di 480 euro, mentre il complice attendeva all’ingresso fungendo da “palo”. Consumata la rapina entrambi i malviventi si sono dileguati , facendo perdere le tracce. L’ attività d’indagine condotta da questa Squadra Mobile ha permesso di identificare i due autori attraverso l’analisi dei filmati della videosorveglianza della parafarmacia e di alcuni esercizi commerciali limitrofi. In particolare, dai tatuaggi sul braccio si risaliva all’identità di uno dei due, un 40enne pescarese residente nel quartiere di “Rancitelli”, soggetto pluripregiudicato anche per reati contro il patrimonio. La successiva perquisizione domiciliare nell’appartamento occupato dall’uomo , che come riferito dal suo coinquilino nella nottata precedente non aveva fatto rientro a casa, ha permesso di rinvenire una pistola soft air priva di tappo rosso, modello glock, usata per commettere la rapina ed un proiettile calibro 22, il tutto custodito nella stanza in uso al rapinatore. Quest’ultimo, anche grazie all’ausilio del personale dell’U.P.G.S.P. e del Reparto Prevenzione Abruzzo, è stato rintracciato lo stesso giorno a bordo di un autobus di linea di ritorno da casa della compagna. Condotto negli uffici della Squadra mobile, alla presenza del suo difensore ammetteva le proprie responsabilità, facendo altresì il nome del suo complice, un 40enne teatino, tossicodipendente e con numerosi precedenti penali e di Polizia. Quest’ultimo veniva subito rintracciato e, in presenza del suo avvocato, confessava di aver preso parte alla rapina, facendo recuperare parte degli indumenti indossati in quella circostanza. A seguito di tutti gli elementi d’indagine raccolti, nella mattinata odierna, personale della locale Squadra Mobile dava esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare emesse dall’Ufficio del G.I.P. presso il Tribunale di Pescara, che apriva le porte del carcere a B.G., e sottoponeva M.A. alla misura degli arresti domiciliari.