L’attività di polizia giudiziaria è nata da numerose segnalazioni, al Direttore e al personale in servizio presso il carcere di San Donato, riguardanti un illecito ingresso all’interno dell’Istituto di pena di sostanze stupefacenti ed apparecchi cellulari: a far entrare il tutto un Assistente Capo, durante l’espletamento del proprio servizio, quindi sospeso per un anno e indagato per fatti risalenti ai mesi di aprile, maggio e giugno scorsi
A seguito di una complessa ed articolata attività d’indagine, svolta dalla Squadra Mobile di Pescara all’interno della locale Casa Circondariale, il GIP del Tribunale di Pescara Dr. Nicola COLANTONIO, ha emesso l’ordinanza applicativa della misura cautelare personale interdittiva presso la Casa Circondariale di Pescara nei confronti di un Assistente Capo della Polizia Penitenziaria in servizio presso quell’Istituto di pena.
L’assistente capo avrebbe consegnato uno smartphone in cella a fronte di 400euro e poi ancora droga ad un detenuto ricevuta dalla compagna del soggetto: dalle indagini sarebbe emerso che lo stesso assistente facesse uso di droga. Così i dettagli in un più lungo comunicato di Polizia.
“All’esito dell’attività d’indagine svolta dalla Sezione Antidroga della Squadra Mobile, in stretta collaborazione con il personale della Polizia Penitenziaria di Pescara, il P.M. titolare Dr.ssa Anna BENIGNI, richiedeva a carico dell’indagato la misura cautelare degli arresti domiciliari; il GIP del Tribunale di Pescara, ritenendo che la misura interdittiva dalle proprie funzioni potesse essere sufficiente per scongiurare la realizzazione di ulteriori condotte delittuose, applicava nei riguardi dell’Assistente Capo, la misura cautelare interdittiva del divieto di svolgere il pubblico servizio presso la Casa Circondariale di Pescara. Il predetto risulta indagato in quanto in più occasioni delittuose nell’arco temporale compreso tra aprile e giugno 2022, nell’esercizio delle proprie funzioni ed in qualità di Assistente Capo della Polizia Penitenziaria, si è reso responsabile dei reati di cui agli artt. 319 e 357 c.p., poiché compiendo atti contrari ai suoi doveri d’ufficio, consistiti nel consegnare in un’occasione ad un detenuto uno smartphone, riceveva la somma di 400 euro; in altra occasione riceveva da una donna imparentata con un detenuto presso la Casa Circondariale di Pescara gr. 200 di hashish e gr. 20 di cocaina, consegnandoli poi all’interessato, riceveva come compenso gr. 2,5 di cocaina di cui l’Assistente Capo della Polizia Penitenziaria risulta essere assuntore; in altra occasione sempre per gli stessi reati, compiendo atti contrari ai suoi doveri d’ufficio, riceveva dalla stessa donna gr. 196 di hashish e 18,8 di cocaina, consegnandoli successivamente al detenuto e ricevendo quale compenso gr. 2 di cocaina”. Così tutta la vicenda riassunta in una comunicazione ufficiale della Polizia.
L’Ordinanza applicativa della misura interdittiva è stata eseguita da personale della Squadra Mobile.
“E’ un dovere tutelare l’istituzione penitenziaria e le donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria in servizio nella Casa circondariale di Pescara alla luce della misura cautelare personale interdittiva a cui è stato sottoposto un Assistente Capo accusato di avere introdotto droga e telefonini nel carcere San Donato”. E’ Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, a commentare così quanto accaduto.
“Nell’assoluta convinzione dei capisaldi giuridici della presunzione d’innocenza e del carattere personale della responsabilità penale, che vale per tutti, se gli indizi saranno confermati il responsabile che avrebbe favorito traffici illeciti ai detenuti subirà le giuste conseguenze sia sotto il profilo penale e disciplinare perchè ha tradito lo Stato e la fiducia di tutti i colleghi. La Polizia Penitenziaria è in prima linea per eliminare le mele marce. È inutile nascondere la grande amarezza che questo grave fatto ha determinato tra i colleghi di Pescara e dell’Abruzzo. Ma il Corpo di Polizia penitenziaria è una Istituzione sana. E’ del tutto evidente che rendersi responsabili di comportamenti che sono non solo contrari alla nostra etica professionale ma addirittura illegali perchè violano le norme penali è assolutamente ingiustificabile, tanto più se a porli in essere è chi svolge la delicata professione di poliziotto penitenziario”.