63enne pescarese, pluripregiudicata per spaccio di sostanze stupefacenti, all’atto della presentazione della domanda per il reddito di cittadinanza pur avendo un figlio agli arresti domiciliari per oltraggio a pubblico ufficiale fornisce: per un anno e mezzo incassa 1.100 euro al mese di reddito di cittadinanza. La Finanza la scopre
Probabilmente ha sperato di non essere scoperta quando ha certificato di avere a carico una famiglia di incensurati. Una dichiarazione falsa che le permette di incassare oltre 1.100 euro al mese per un anno e mezzo, con una truffa allo Stato che si aggira attorno ai 20 mila euro. A scoprire il trucco sono i militari della Guardia di Finanza di Pescara i quali, nell’ambito del piano d’azione “Parassita”, accertano l’indebita percezione del sostegno economico ai danni delle casse della spesa pubblica nazionale e denunciano la signora, ora indagata per aver prodotto documentazione non vera al solo fine di intascare un contributo non spettante per mancanza dei requisiti previsti dalla legge, per cui sono stati chiesti anche la revoca del beneficio e il sequestro preventivo delle somme ottenute illecitamente e costituenti reato.
Le indagini, fatte di accertamenti, controlli e, soprattutto, rese possibili grazie all’incrocio e all’elaborazione dei dati disponibili nel patrimonio informativo della Guardia di Finanza, hanno svelato un meccanismo ormai tipico di chi vuole ottenere il reddito di cittadinanza a tutti i costi: non si aggiorna lo stato detentivo dei familiari e non si fornisce alcuna notizia dei loro guai con la legge perché questi, in automatico, farebbero decadere chiunque dal diritto di percezione del beneficio.
Numeri alla mano, solo nel 2021, sono 217 i milioni di euro richiesti da chi non ha alcun titolo per farlo. Con questo ritmo, le indebite erogazioni per dichiarazioni false si moltiplicano e le risorse pubbliche del reddito di cittadinanza si vanificano. Ecco il perché di “Parassita”. Il dispositivo operativo del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Pescara nasce per prevenire e contrastare i fenomeni di illecita apprensione, concentrando l’attenzione sulle posizioni occupazionali e non, connotate da concreti elementi di rischio (lavoro nero, false cooperative per l’impiego, partite iva inesistenti, contratti precari).