Pescara: “Rilanciare la pianificazione pubblica sul territorio”

Pescara, come la maggior parte delle città italiane, e diversamente dalle città del resto d’Europa, ha la necessità di un rilancio della pianificazione pubblica del suo territorio”: ne è convinto Tommaso Di Biase, autore dell’intervento che pubblichiamo

 

L’applicazione del Decreto Sviluppo, (provvedimenti bipartisan passati in Consiglio nel 2017 e nel 2023 nella totale assenza dei 5Stelle) che prevede l’aumento vertiginoso della densità edilizia e abitativa soprattutto del centro della città, con la carenza degli standards urbanistici (aree verdi e a servizi pubblici totalmente monetizzati), sta producendo e produrrà danni sociali e alla qualità della vita enormi. L’unica possibilità è rilanciare la pianificazione pubblica della città. Come? È il contenuto del contributo che ho chiesto di pubblicare.

 Il potere di pianificazione

 Pescara, come la maggior parte delle città italiane, diversamente dalle città del resto d’Europa, ha la necessità di un rilancio della pianificazione pubblica del suo territorio. Più precisamente, la necessità che venga pienamente esercitato il potere di pianificazione che la costituzione assegna agli enti locali a partire dai Comuni. Un esercizio che dipende in larga misura dalla volontà politica dei sindaci e degli amministratori protempore degli stessi Comuni di attuare il mandato costituzionale e quello ricevuto dagli elettori.

Pescara, come la maggior parte delle città italiane, analogamente alle città del resto d’Europa e del mondo, è dispersa in un territorio urbanizzato più vasto che la ricomprende e con cui interagisce economicamente, socialmente, culturalmente.

Un primo livello di pianificazione pubblica che bisogna affrontare, quindi, è quello strategico di area vasta che, per sviluppare le sue reali potenzialità, deve necessariamente includere e riferirsi all’insieme dei territori che ne costituiscono il contesto storico-geografico più ampio e strutturalmente significativo: la rete delle città dell’Abruzzo Adriatico. Scelta irrinunciabile non solo per governare al meglio le tematiche più importanti del territorio come l’ambiente, l’ecologia, le infrastrutture, i beni culturali e il paesaggio, la mobilità, l’energia, la sanità, ecc., ma per determinare effetti concreti sulla qualità della vita negli ambiti più urbanizzati anche e soprattutto attraverso un deciso riequilibrio demografico tra le aree interne e le aree della costa. Questo primo livello di pianificazione dovrà individuare le invarianti ambientali e paesaggistiche oltre che quelle infrastrutturali del territorio di riferimento; e dovrà individuare le soluzioni più sostenibili per i problemi della mobilità, come quella di una decisa cura del ferro realizzabile attraverso l’utilizzo, anche per il trasporto collettivo regionale, del pettine di rotaie che lega la costa all’Appennino.

Un secondo livello di pianificazione pubblica riguarda la città dal punto di vista fisico, la città brutta e bella con la quale ci relazioniamo ogni giorno.

Per recuperare un ruolo pubblico alla pianificazione della città è necessario superare l’attuale modello di Piano Regolatore, assolutamente incapace di rispondere alle necessità dei cittadini e di prefigurare la qualità della forma urbana dei luoghi deputati alla vita. Che fare? Riprendere e sviluppare la Variante delle Invarianti secondo nuovi principi.

In primo luogo bisogna immaginare di “scrivere”, ovvero di adottare, una “carta” dei diritti (dei doveri, dei bisogni, ecc.) dei cittadini. Una carta che costituisca un mandato collettivo alla pianificazione del territorio corrispondente agli interessi generali dei cittadini. Poi, sulla base degli indirizzi della “carta”, immaginare un Piano, rappresentato NON da una carta “colorata” a due dimensioni, com’è un Piano Regolatore oggi, ma attraverso una modellazione tridimensionale della città e delle sue parti, in modo che ci si possa rendere conto dell’idea di città che si intende realizzare e in modo che il Piano possa essere discusso e condiviso nei suoi contenuti essenziali, ma anche continuamente modificato e adeguato alle rinnovate esigenze e visioni dei cittadini.

In secondo luogo sarà necessario revocare, anche in autotutela, le Delibere attuative del Decreto Sviluppo del 2017 e del 2023. Conseguentemente sarà necessario realizzare uno studio particolareggiato della città in modo da verificare in quali aree urbane specifiche sarà possibile applicare i premi di cubatura previsti dallo stesso Decreto e dove, al contrario, evitarne l’applicazione.

Infine, bisognerà rilanciare la progettazione pubblica per la rigenerazione delle aree di valore strategico della città, sia al centro che in periferia, secondo un’idea di città che sia coerente con la necessità di creare più luoghi urbani aggregativi con qualità centrali, nella direzione della città policentrica.

Una tale progettazione, da interpretare attraverso procedure idonee come i concorsi di architettura, per essere efficace e fautrice di una reale trasformazione, deve essere impostata in modo da capovolgere il ruolo del verde urbano, da subalterna e residuale a protagonista del progetto di rigenerazione. Realizzando, così, una vera e propria rivoluzione culturale nella costruzione della città.

Tommaso Di Biase, architetto, ex assessore Comune di Pescara