“Da oggi siamo entranti nel vivo del confronto e della discussione da cui partiamo, con atti concreti, per la rinascita della nostra pineta. Ciò su cui siamo tutti d’accordo è che bisogna assolutamente dare precedenza a quella che è stata definita la ripresa naturale della pineta, ossia la rigenerazione autonoma della vegetazione”.
“Parallelamente si andrà avanti con l’analisi della condizione delle piante carbonizzate”. Si è espresso così questa mattina il sindaco Carlo Masci all’atto dell’insediamento del Comitato per la rinascita della pineta dannunziana, che egli stesso ha presieduto e che dovrà occuparsi di individuare modalità e tempi d’intervento per il recupero dell’area verde di Pescara sfregiata – in particolare nel cosiddetto comparto 5 – dal grave incendio del primo agosto scorso.
Il primo cittadino ha affiancato al pool dei tre esperti che egli stesso ha individuato 45 giorni fa, composto da Nevio Savini, generale in pensione dei Carabinieri forestali, Dario Febbo, ex direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e del Parco Gran Sasso Monti della Laga, e Gianfranco Pirone, già professore ordinario all’Università dell’Aquila in Ecologia Vegetale e Geobotanica, il vicesindaco e assessore ai Parchi Gianni Santilli, i rappresentanti delle associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente e Ambiente & Vita, il “gruppo d’ascolto” composto da esponenti della società civile ritenuti autorevoli in senso morale e professionale (tra questi anche Gianni Melilla e Piergiorgio Landini), oltre a tecnici e dirigenti del settore comunale che si occupa di parchi e verde. Si tratta di professionisti e addetti ai lavori di lunga e comprovata esperienza in materia, oltre che di riconosciuta competenza sui temi ambientali e forestali. Ai lavori ha preso parte, tra gli altri, il professor Giampiero Di Plinio, docente universitario e giurista, che ha configurato gli aspetti legati alle norme in materia e delineato il perimetro della legge entro il quale bisognerà necessariamente muoversi. Durante la riunione i tre esperti hanno illustrato una prima relazione sulla attuale situazione all’interno della quota di pineta, per intenderci quella vincolata a riserva naturale, dove la vegetazione è stata quasi del tutto distrutta dalle fiamme.
“Il primo e mese e mezzo di lavoro – hanno spiegato – lo abbiamo dedicato a incontri e sopralluoghi utili ad acquisire tutte le informazioni necessarie a indicare una scaletta di priorità, che si può sintetizzare in tre passaggi preliminari: rimozione dei rifiuti, e in particolare di arbusti, rami e rovi bruciati dal fuoco; eliminazioni dei ruderi, ossia di tutti quegli oggetti che furono parte della struttura del vivaio che lì insisteva in passato; infine l’avvio di un monitoraggio costante del recupero spontaneo che le specie della macchia mediterranea, comprese conifere e latifoglie, stanno già mettendo in atto. <La rinascita delle piante, pur in un ambiente reso spettrale dalle fiamme, è già in atto – ha detto in particolare il professor Pirone – Questo è dovuto al fatto che questo ecosistema ha già acquisito al suo Dna la capacità di reagire anche dopo aver subito traumi distruttivi. E infatti in questi giorni abbiamo potuto osservare le gemme dormienti presenti in pineta germogliare e dar vita a piantine che in alcuni casi sono già alte anche 60 centimetri. E lo abbiamo visto anche per il prugnolo, la roverella, il leccio, il mirto e l’alloro e naturalmente anche per il caso particolare del pino d’aleppo, che ha una strategia riproduttiva diversa da tutti gli altri pini. Quegli esemplari che hanno avuto salva in tutto o in parte la chioma possono ora liberare i semi perché le squame delle pigne si sono aperte a causa del calore del fuoco che ha sciolto la resina. È il segno di quel risveglio che noi adesso dobbiamo agevolare e monitorare, appunto, almeno per tutta la stagione successiva al rogo del primo agosto. Solo a quel punto potremo valutare con cognizione di causa completa eventuali altre iniziative che favoriscano questo processo naturale. Il fattore tempo è fondamentale, quindi è una questione di pazienza. Io spero che accada ciò che è avvenuto in casi analoghi, come alle gole di Popoli dove solo pochi anni fa vi fu un incendio importante che distrusse quasi tutto e oggi, al contrario, bisogna spesso intervenire perché le piante sono troppe a causa della tumultuosa germinazione dovuta ai semi liberati”.
I rappresentanti delle associazioni ambientaliste hanno offerto ampia disponibilità a dare il loro concreto contributo, ma hanno sottolineato come questa sia anche un’opportunità, pur conseguente a un evento disastroso, per ridisegnare il destino della pineta alla luce dei cambiamenti climatici in atto e degli accordi internazionali su questa materia.
“Tutto ciò che verrà fatto all’interno della pineta dannunziana – ha concluso Masci – avverrà con sistemi manuali e senza far ricorso a macchine, con un occhio particolarmente attento a far sì che gli operatori possano muoversi senza rischi grazie a un piano di sicurezza che definiremo molto presto”.