Un giudizio assolutamente positivo, secondo il bilancio desunto da dati scientifici, degli psicoterapeuti coinvolti, per il progetto Cantieri per l’autonomia, finanziato dalla Regione Abruzzo e in corso di conclusione in questo mese di ottobre
L’iniziativa ha visto protagoniste le persone affette da malattia mentale (venti adulti) seguite dalle associazioni che operano tra Pescara e Chieti: Cosma, presieduta da Tiziana Arista, e Percorsi presieduta da Eugenio Di Caro.
L’obiettivo era quello di accompagnare chi soffre di una malattia mentale complessa, ma ha già raggiunto un buon livello di autonomia, al recupero di abilità personali/sociali e all’inclusione sociale. Cantieri per l’autonomia ha visto la collaborazione dei Centri di salute mentale (Csm) di Chieti, Pescara città e Pescara – Area metropolitana. Anche il Csv Abruzzo Ets ha collaborato al progetto in particolare per quanto riguarda le attività di comunicazione.
«Gran parte degli obiettivi prefissati sono stati ottenuti dagli utenti», spiega Fabio Fischietti, psicologo dell’associazione Percorsi, «Diverse persone hanno ripreso a lavorare, a studiare – alcuni anche iscrivendosi all’università – altri sono riusciti a riprendere in mano la propria autonomia abitativa. I risultati raggiunti ritengo possano essere non solo mantenuti ma anche potenziati, da parte dei nostri pazienti. I margini di miglioramento, in una eventuale prosecuzione dell’esperienza, ci sono purché si possa contare su un maggior investimento di risorse da parte degli enti pubblici in modo da allargare la platea dei beneficiari e, magari, pensare anche alla stesura e alla adozione di un protocollo standard che possa essere utilizzabile fuori regione».
«Il progetto, così come l’abbiamo sviluppato, ha centrato le premesse», sottolinea Andrea Carrozzini, psicoterapeuta e vice presidente di Cosma. «Erano previsti dei progetti personalizzati volti a sostenere e potenziare l’autonomia e l’inclusione sociale dei sofferenti psichici. Le azioni mirate e un capillare lavoro di rete tra le associazioni, i Centri di salute mentale, i Comuni, i medici di base e i familiari hanno permesso il successo delle iniziative. Ciò che ha costituito la principale differenza rispetto al progetto riabilitativo tradizionale, quando cioè il sofferente è ricoverato in una struttura, è che le azioni sono state partecipate, ossia i pazienti non hanno vissuto passivamente gli interventi ma li hanno agiti in prima persona».