Sulla vicenda che ha travolto il Comune di Pescara interviene D’Alfonso incalzando il sindaco Masci con una serie di quesiti e insistendo sulle dimissioni come atto dovuto
“Ancora inevase tante domande a cui il sindaco di Pescara non ha ancora risposto, esattamente come fece quando pensava di risolvere i suoi guai evitando di replicare alle mie perplessità su quello che io definii “il concorso per selezionare i bocciati”:
1) Trisi si dimette dal suo incarico fiduciario e il sindaco utilizza queste parole con un comunicato: “Le dimissioni dell’architetto Fabrizio Trisi sono un gesto nobile”. Queste dichiarazioni sono il riconoscimento all’essersi dimesso per costruire una scuola in Africa? Se si è dimesso, invece, per quello che lui ha motivato, dov’è la nobiltà?
2) Masci afferma di “non essersi accorto di nulla”. Come si fa a dire questo, se la legge (Testo Unico degli Enti Locali) assegna al sindaco attività di monitoraggio, indirizzo e controllo? Chi lo doveva sapere? Forse il gestore della Chitarra Antica o il gelataio di piazza Salotto?
3) Masci ha affermato in una conferenza stampa che Trisi è un suo fiduciario ma che ci sono altri fiduciari che dovevano controllare il suo operato. A chi si riferisce?
4) Se il sindaco potesse tornare indietro, nominerebbe nuovamente Trisi? Come è arrivato ad assegnare fiducia all’architetto Trisi, e in ragione di cosa? Amicalità? Sono entrambi scesi in miniera insieme? Hanno superato il Covid condividendo la stessa stanza?
5) Per evitare che ci siano altre situazioni di questa gravità, come pensa il sindaco di Pescara di organizzarsi? Ha mai preso in considerazione le dimissioni?
6) Sulle opere pubbliche maneggiate dal Gabinetto di Trisi, cosa si sta facendo in concreto? Chi sta rileggendo gli atti, aveva rapporti di sudditanza con Trisi? Il concorso di Trisi, concorso in cui egli stesso è stato bocciato, che fine farà?
I procedimenti penali che fanno seguito alle decisioni pubbliche sono un’autentica e preziosa garanzia dell’Ordinamento. Sono quasi una validazione di quel che è avvenuto, quando interviene alla fine il riconoscimento che esso non costituisce reato. I BitCoin della cocaina, tuttavia, sono una assoluta originalità per questa città: più grave della composizione in una procedura di opere pubbliche di asfalti e cocaina c’è il sequestro della vita umana.
Eppure assistiamo a strani e sconvolgenti trapassi. Si va dalla nobiltà dei gesti, al non averlo mai saputo (o conosciuto?) fino alla fiducia più fiduciaria per alcuni che avrebbero dovuto controllare gli altri (che pure erano i veri fiduciari), passando per la smemoratezza di un’intera classe dirigente che si è insediata nel 2009 a seguito di 53 denunce fatte dall’allora opposizione di centrodestra; la prima (a più firme) riguardava un concorso dirigenziale per mancanza di titoli, che poi venne pienamente validato a più riprese. Chi usò l’arma della denuncia penale, perché si meraviglia se reagisce in ogni istante emotivamente? Perché Pescara deve sopportare la scomparsa dell’autonomia della decisione organizzativa?
Non c’è alcuna certezza rispetto alle tante domande che solleviamo. Si odono solo le dissonanze strampalate delle risposte del sindaco, che sembrano quasi indotte da un suggeritore astuto e indifferente, in un momento in cui Masci nella solitudine deve razionalizzare la gravità dell’accaduto e decidere, assumendosi tutta la responsabilità, senza immaginare che ci sono soluzioni laterali e davvero responsabili.