Protesta in carcere a Pescara, i detenuti illustrano le criticità: non usano mezze misure e descrivono una situazione di “bomba ad orologeria”
Protesta nel carcere di Pescara, nell’ambito delle mobilitazioni che si stanno registrando in tutta Italia. I detenuti, una volta nell’area passeggio comune, per circa tre ore, nel primo pomeriggio, si sono rifiutati di rientrare in cella, per manifestare contro la situazione che si sta registrando a livello nazionale e, in particolare, nella casa circondariale del capoluogo adriatico. L’emergenza è rientrata dopo l’arrivo di Gianmarco Cifaldi, professore universitario di criminologia e già Garante dei detenuti di Regione Abruzzo.
Nel carcere di San Donato al momento ci sono 431 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 260 unità. I detenuti non usano mezze misure e descrivono una situazione di “bomba ad orologeria”. Cifaldi ha dapprima parlato con tutti i detenuti nel passeggio comune e poi si è confrontato con una delegazione, a condizione che tutti gli altri rientrassero in cella. L’esperto ha garantito ai presenti che avrebbe rappresentato il loro disagio direttamente agli organi di stampa.
Numerose le criticità elencate dai detenuti e poi riferite da Cifaldi: detenuti psichiatrici che convivono con le sezioni e non sono assistiti dal punto di vista sanitario, una mancanza di assistenza a causa della quale spesso devono essere gli stessi detenuti a difendere gli agenti dai soggetti psichiatrici; sovraffollamento oltre ogni limite possibile (alcuni detenuti dormono nei corridoi); programmi per trattamento inesistenti; mancanza di lavoro; pochi turni per i colloqui; assenza di ogni forma di solidarietà da parte di associazioni di volontariato che entrano in carcere; caldo insopportabile oltre ogni limite; cucina non in grado di garantire una dignitosa distribuzione alimentare; mancanza, nell’ultimo periodo, di acqua per le docce, a causa dell’emergenza idrica.