Processo foreign fighter: ‘ero in Siria per aiuti umanitari’. Ha fatto dichiarazioni spontanee, in videocollegamento dal carcere di Ferrara, Stefano Costantini, il 24enne ritenuto un foreign fighter, nato in Svizzera da genitori di Loreto Aprutino, sotto processo davanti alla Corte d’Assise di Chieti.
“Non ho mai fatto parte di un’organizzazione terroristica e non ho avuto niente a che fare lavorava per organizzazioni umanitarie e ho cominciato a dare una mano a lui e ai suoi colleghi siriani, accompagnavo il tedesco e i siriani a distribuire gli aiuti alimentari, vestiti, coperte, medicinali, attrezzature ospedaliere, materiale scolastico, d’inverno distribuivamo gasolio o carbone per
riscaldamento”.
Ha fatto dichiarazioni spontanee, in videocollegamento dal carcere di Ferrara, Stefano Costantini, il 24enne ritenuto un foreign fighter, nato in Svizzera da genitori di Loreto Aprutino, sotto processo davanti alla Corte d’Assise di Chieti con l’accusa di aver partecipato, dal 2015, all’associazione terroristica di matrice islamista Jahbat Al Nusra, ritenuta un’articolazione di Al Qaeda in Siria, dopo essersi trasferito con la compagna e i figli nella provincia di Idlib, diventando parte integrante dell’associazione terroristica, arruolandosi per compiere atti di violenza con
finalità di terrorismo e appoggiando, sempre secondo l’accusa, le finalità belliche in territorio siriano contro lo stesso stato sovrano della Siria e contro le milizie curde .
In Siria Costantini, che si era convertito all’Islam, ha detto di aver fatto lezioni di boxe e di sport, ma soprattutto di aver ricevuto aiuti dalla sua famiglia.
“Al di là delle fazioni in guerra pensavo di poter aiutare i siriani ad avere un futuro migliore per la salute e l’educazione – ha detto ancora Costantini – mi sentivo così ben accettato e benvoluto dalla gente che aiutavo, loro erano meravigliati che un italiano facesse tanta strada per aiutarli. Tanto – ha aggiunto – che mi sentivo con la coscienza sporca ad abbandonarli, ma in realtà ho aiutato poche persone in confronto a tutte le persone che hanno bisogno di aiuto, volevo fare di più, ma non avevo la possibilità. E ho fatto un grande sbaglio ad andare in Siria, ho fatto soffrire tutta la famiglia, pur essendo stato in posti tranquilli in Siria non si ha mai la garanzia di sicurezza, la situazione può cambiare da un momento all’altro, lì ho visto la povertà e io non mi mantenevo sulle mie gambe, ma vivevo con gli aiuti della mia famiglia, non è un posto per far crescere i bambini, pure se ci sono i divertimenti, le scuole e
un’università dove ragazzi e ragazze studiano, rimane lo stesso un posto pericoloso e di povertà. Sono tornato per dare un migliore futuro ai miei bambini e voglio che crescano in un
posto sicuro e facciano una buona scuola con possibilità di abbracciare i familiari”.
Prossima udienza il 23 febbraio.