Nessun falso, né materiale né ideologico: parla il legale del maresciallo Brunozzi, Monica Passamonti, dopo che il militare è stato sentito dai pm di Pescara con altri due colleghi indagati nella nuova indagine sulla tragedia di Rigopiano.
“Sia nell’allegato cartaceo in possesso dei carabinieri forestali – afferma la Passamonti – sia nel documento allegato alla Pec a loro inviata, il famoso timbro non c’è: quindi il falso materiale non esiste. E per quanto riguarda il falso ideologico, cioè l’aver dichiarato nella nota del 12 novembre 2018 che quella annotazione di Crosta era già stata inviata in Procura, oltre a essersi corretti successivamente, per mero errore, c’è da ribadire che per i carabinieri quelle carte dovevano essere già state inviate in Procura, ma dalla Mobile. Nella denuncia per falso ideologico – spiega il legale – si contesta che nella relazione i carabinieri forestali abbiano scritto che quella annotazione era già in procura, ma ci si dimentica che su quel fronte la delega a quel tipo di indagini non ce l’avevano i cc, ma la Mobile. Doveva essere la Polizia a indirizzare quella nota. E sono stati i carabinieri a scoprire successivamente che la telefonata di D’Angelo non era arrivata al Coc di Penne, ma ad un amico della Croce Rossa al quale chiede il numero della Prefettura. Se D’Angelo ha parlato con la Prefettura, visto che gli fu dato il telefono del centralino, chi doveva indagarlo? Sono le intercettazioni successive che rivelano i depistaggi, mentre si ritiene evidentemente importante la telefonata di D’Angelo perché potrebbe essere la prima telefonata con richiesta di aiuto: e questo anticiperebbe le date. Solo che c’è un piccolo particolare che si dimentica: che sono state le indagini dei carabinieri a dimostrare che semmai D’Angelo la telefonata la fa alla Prefettura e non al Coc di Penne, che non era competente a ricevere la sua telefonata”.