“La Corte di cassazione boccia la Regione Abruzzo: Mancini rimosso illegittimamente”. E’ quanto afferma in una nota l’esponente del Pd Marco Presutti il quale aggiunge: “Verità a galla dopo anni. Costi e danni pagati dai cittadini, come denunciai nella mia interrogazione. Masci smentito”
“Apprendo con soddisfazione, senza alcuna sorpresa, della sentenza della Corte di Cassazione (n. 127/2025) che ha respinto il ricorso della Regione Abruzzo, confermando in via definitiva l’illegittimità della rimozione dell’ex Direttore Generale della ASL di Pescara, Armando Mancini, avvenuta nel 2019 per mano del governo Marsilio I”. Afferma l’esponente del Pd Marco Presutti il quale aggiunge:
“Questa sentenza è la piena conferma della giustezza della posizione che sosteniamo da anni. Fu una decisione illegittima. E aggiungo: fu un grande danno per la sanità pescarese. Sottolineo che l’illegittimità, ora certificata in via definitiva, risiede nel fatto che – contrariamente a quanto pretestuosamente sostenuto dalla Regione all’epoca – il Dott. Mancini aveva raggiunto gli obiettivi di gestione richiesti. La stessa Cassazione evidenzia le “incongruenze” e l’uso di un “criterio del tutto oscuro ed indecifrabile” da parte della Regione nella valutazione che portò alla rimozione. Mancavano, quindi, i presupposti di legge (D.Lgs 171/2016). Fin dall’ottobre 2020 ho sollevato personalmente forti dubbi sulla procedura. Ricordo bene il dibattito in Consiglio Comunale il 30 ottobre 2020, durante il quale presentai la mia interrogazione, mettendo in discussione proprio la legittimità del parere negativo espresso dal Comitato Ristretto dei Sindaci, presieduto da un Sindaco Masci insediatosi da appena 14 giorni. Un parere risultato strumentale alla successiva, illegittima, delibera regionale (DGR 400/2019).
In quella stessa seduta consiliare, a fronte della mia ferma denuncia dell’illegittimità e dei rischi, il Sindaco Masci tentò di difendere l’operato del Comitato, negò motivazioni politiche e minimizzò l’accaduto, dichiarando di “non avvertire la gravità”. Oggi, la Suprema Corte smentisce quella posizione nei fatti e nel diritto. Le conseguenze di quella scelta politica illegittima le avevo preannunciate e sono ora sotto gli occhi di tutti: un pesante danno economico per le casse regionali (e quindi per i cittadini abruzzesi), costrette a pagare a Mancini il risarcimento dovuto e ingenti spese legali relative a ben tre gradi di giudizio. A questo si aggiunge il danno operativo che denunciai già nel 2020: aver destabilizzato il vertice della ASL lasciandola senza guida per quasi un anno, per di più un anno in cui avvenne la piena esplosione della pandemia Covid-19 , con inevitabili ripercussioni sulla capacità di risposta del sistema sanitario. Questa sentenza della Cassazione non è solo una vittoria legale per il Dott. Mancini, ma è la prova della correttezza delle scelte fatte dalla nostra parte, che ha sempre posto al centro la legalità, la trasparenza e la tutela della sanità pubblica. Ribadiamo con forza che le nomine e le valutazioni nella sanità devono basarsi su criteri amministrativi e di merito, non su appartenenze o logiche politiche. Come già suggerito nel 2020, riteniamo che le implicazioni, anche erariali, di questa vicenda meritino ogni opportuna valutazione da parte degli organi competenti, come la Corte dei Conti. Questo episodio si inserisce, purtroppo, in un quadro più ampio e preoccupante. Assistiamo a un progressivo aumento del deficit della sanità pubblica in Abruzzo – che per il 2024 si attesta, secondo le fonti, tra gli 80 e i 200 milioni di euro a seconda delle diverse stime e voci considerate – deficit che questa amministrazione regionale cerca di coprire aumentando le tasse ai cittadini. Ritengo che questo disavanzo crescente sia
frutto di una gestione strumentale, politicistica e priva di attenzione al merito, di cui la vicenda Mancini è solo uno degli esempi più lampanti. Una gestione che indebolisce i servizi pubblici costringe i cittadini a curarsi fuori regione e non affronta i veri nodi strutturali.
Di fronte a questo quadro e all’ennesima conferma giudiziaria di un errore grave costato caro alla collettività, credo che il Sindaco Masci e il Presidente Marsilio dovrebbero fare pubblica ammenda per le loro scelte e responsabilità, e valutare seriamente di passare la mano, prima che i danni di questa gestione diventino del tutto ingestibili per l’Abruzzo e per Pescara”. Conclude Presutti.
D’ALFONSO: “ALTRA FIGURACCIA DI MARSILIO: MANCINI NON POTEVA ESSERE RIMOSSO DALLA ASL DI PESCARA. E I CITTADINI PAGANO DUE VOLTE”
E in una nota interviene anche il parlamentare del Pd Luciano D’Alfonso che afferma: “Ieri la Corte di Cassazione ha sancito giuridicamente ciò che tutti già sapevano: Marsilio non poteva cacciare il direttore generale della Asl di Pescara, Armando Mancini, come invece ha fatto nel 2019. Non poteva perché – contrariamente a quanto asserito dal presidente romano – Mancini aveva raggiunto gli obiettivi di gestione richiesti. Questa sentenza certifica dunque che Marsilio ha utilizzato strumentalmente un parere del Comitato ristretto dei sindaci – presieduto, guarda caso, da Carlo Masci – per rimuovere il direttore generale, a lui inviso poiché era stato nominato dalla giunta di centrosinistra di cui sono stato presidente. Ora la Regione dovrà corrispondere a Mancini tutti gli stipendi arretrati non percepiti e le spese legali, e i contribuenti della provincia di Pescara subiranno una doppia beffa: dover pagare sia per le decisioni illegittime di Marsilio che per le sue politiche sanitarie sballate. Diceva Oscar Wilde: alcuni portano felicità ovunque vadano; altri quando se ne vanno. Speriamo che il presidente viandante torni definitivamente a Roma, regalandoci così una grossa gioia”. Conclude la nota il parlamentare del Pd Luciano D’Alfonso,