Sanitopoli, condanna Angelini: “Sistema illecito per falsificare le cartelle cliniche”

Vincenzo Maria Angelini “dominus” delle pratiche fraudolente a Villa Pini ai danni del sistema sanitario. Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni della sentenza definitiva di condanna a 7 anni di reclusione per truffa a carico dell’imprenditore.

Nella clinica Villa Pini di Chieti c’era un “sistema illecito che permeava in generale la gestione della casa di cura e che vedeva imposto dall’organo di vertice ai dipendenti un certo modus operandi (consistente nelle sistematiche falsificazioni della documentazione sanitaria) a tutto vantaggio non già del singolo sanitario che firmava le Sdo, ma della struttura”. Lo scrivono i giudici della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza che lo sorso 7 aprile ha confermato la condanna a 7 anni di reclusione (oltre al risarcimento del danno nei confronti della Asl), inflitta nel settembre 2018 dalla Corte di appello dell’Aquila, nei confronti di Vincenzo Maria Angelini, in qualità di amministratore unico della casa di cura Villa Pini, per la truffa alla Regione Abruzzo attraverso il rimborso delle prestazioni sanitarie. Sentenza in seguito alla quale è scattata la confisca dei beni, per equivalente, decisa dalla Procura di Chieti, per 32 milioni di euro.

L’imprenditore della sanità abruzzese, nel 2008, con le proprie accuse innescò l’inchiesta della Procura di Pescara sulla Giunta regionale d’Abruzzo con a capo Ottaviano Del Turco, rivelando ai magistrati di aver pagato tangenti per 15 milioni di euro in cambio di favori.

“Come ben chiarito dai giudici di appello – si legge nella sentenza di 10 pagine scritta dai giudici della Quinta sezione penale della Cassazione – vi è stata una complessa attività artificiosa e fraudolenta; tale attività si è concretizzata nella falsificazione delle cartelle cliniche – quanto a natura delle prestazioni, tipo di ricovero e collocazione del paziente – ha preceduto il mero invio delle Sdo e ha indotto in errore gli organi deputati al rimborso delle prestazioni sanitarie”.

Secondo la difesa, a redigere le Sdo “non era Angelini ma il medico responsabile della dimissione”: per la Cassazione però, “la Corte di appello ha evidenziato quali fossero le fonti di prova che hanno consentito di ricostruire il meccanismo fraudolento e la sua genesi, legata ad ordini che venivano dall’imputato (e dalla moglie) e che permeavano l’intera attività della casa di cura, peraltro facendo conseguire alla stessa degli indubbi vantaggi patrimoniali”.

L'autore

Carmine Perantuono
Laureato in Giurisprudenza, è giornalista professionista dal 1997. Ricopre il ruolo di Direttore Responsabile di Rete8.