Per ora né il sindaco di Scoppito Marco Giusti, né il parroco della chiesa trecentesca di San Giacomo Apostolo, don Dino, né la Curia dell’Aquila hanno avuto notizie ufficiali sul ritrovamento di due delle tre tele trafugate dopo il terremoto del 2009 dalla chiesa inagibile e ritrovate pochi giorni fa dai carabinieri del nucleo dei beni culturali in facoltose ville della costiera amalfitana insieme a una trentina di opere religiose rubate in tutta Italia.
Le uniche informazioni di cui il Comune è in possesso sulle tele trafugate sono notizie di stampa, immagini viste al telegiornale oppure circolate online.
“Non sappiamo ancora niente, nessuno ci ha contattato – dice il sindaco Giusti – siamo naturalmente molto contenti di questi ritrovamenti, e speriamo che si avranno presto notizie certe su questi e anche sulla terza tela, che non abbiamo visto in foto, e delle altre opere sparite”.
E infatti le opere sparite dalla chiesa di San Giacomo sono 5: oltre alle tele dell’ “Incoronazione della Vergine”, della “Madonna del Suffragio” e di “San Fabiano”, mancano all’appello anche un quadro di “Sant’Emidio” e una piccola tela della Madonna. Prima che le opere potranno tornare nella loro naturale sede ci vorrà molto tempo, resteranno infatti ancora a disposizione della magistratura che sta indagando. Tra le 37 opere recuperate, di epoca compresa tra il XVI e XX secolo, spiccano per importanza oltre delle pale d’altare della chiesa di Scoppito, anche quelle sottratte nella chiesa di Sannicola a Capestrano (entrambe chiuse al culto dopo il sisma del 2009).
Probabilmente prima che le pale d’altare potranno tornare all’Aquila occorrerà aspettare la fine del processo ai responsabili dei furti, come si è già verificato in altre situazioni simili, ad esempio nella chiesa di Pizzoli, dove diversi anni fa venne rubata una tela ritrovata poi a Bologna.
Ma la destinazione delle pale d’altare di Scoppito potrebbe non essere subito quella della chiesa. Bisognerà prima di tutto accoglierle in condizioni di sicurezza, in un contesto protetto e controllato, ad esempio con un sistema di videosorveglianza per evitare il ripetersi di altri furti; il tutto il relazione allo stato dell’arte della ricostruzione sia della chiesa sia delle tele. Nel caso in cui la chiesa non fosse ancora agibile, le tele saranno ospitate nei depositi provvisori della Curia dell’Aquila o in altri luoghi sicuri. Un aspetto straordinario della vicenda delle opere rubate è il ritrovamento, proprio dopo i furti, di tre grandi affreschi preesistenti e risalenti probabilmente all’epoca della realizzazione della chiesa (XIV secolo), rimasti nascosti per secoli sotto le grandi tele, uno dei quali raffigurante la “Madonna di Loreto”.
Un quarto affresco, di cui si hanno notizie in documenti storici, ci si aspetta che spunterà durante i lavori di recupero della chiesa, ancora lontani, però, dal partire. Il sindaco Giusti spiega che il restauro della chiesa di San Giacomo “è stato programmato con la delibera del Mibact del 2015, ma non rientrando in quel finanziamento, stiamo aspettando la ripartizione dei fondi per il 2018. Speriamo di poter cominciare presto con il cantiere”. Dopo il sisma del 2009 Scoppito ha vissuto un periodo di spopolamento (soprattutto le sue frazioni più isolate e danneggiate) ma la sua storia è andata in controtendenza rispetto a tanti altri Comuni del cratere sismico, con una dinamica demografica particolare:
“Oggi contiamo 4mila abitanti tra cui decine di nuclei familiari provenienti da altri Comuni del cratere 2009 ma anche del 2016. Ospitiamo, ad esempio, nel villaggio Sanofi Aventis l’intera frazione campotostana di Ortolano”.
Scoppito è, inoltre, uno dei Comuni che pur non rientrando nell’ultimo cratere sismico, ha subìto danni con le scosse del 2016 che hanno reso inagibile la sede del municipio, da un anno e mezzo collocata in un’ex edificio scolastico.