Scuole chiuse, figli a casa e ai genitori chi ci pensa? La Cgil polemizza su quello che sembra il rebus per molte famiglie: come incastrare gli orari dei genitori lavoratori con la didattica a distanza, ossia a casa.
Le ultime novità normative prevedono la possibilità, per i genitori di figli le cui scuole vengono chiuse per contrastare l’emergenza Covid 19, di usufruire di permessi retribuiti al 50% solo se le scuole si trovano in “zona rossa” ed i figli frequentano seconda o terza media. Non è previsto nessun permesso, invece, se non vi è l’istituzione della “zona rossa” ma le scuole vengono comunque chiuse.
Per fruire dei permessi, inoltre, la “zona rossa” deve essere istituita direttamente dal Ministero della Salute. Sono Carmine Ranieri, segretario generale CGIL Abruzzo Molise e Mirco D’Ignazio, coordinatore INCA CGIL Abruzzo Molise a spiegare.
Questa anomalia, spiegano, sta generando enormi problemi a migliaia di lavoratrici e lavoratori di molti comuni abruzzesi e molisani. La chiusura di tutte le scuole (comprese scuole dell’infanzia, elementari e medie) che in questi giorni stanno disponendo alcuni sindaci, come ad esempio accaduto a Pescara, si sta rivelando un dramma per coloro che hanno figli con meno di 14 anni e devono comunque andare a lavorare. Così come drammatica è la situazione di chi vive nei comuni e nelle zone in cui la “zona rossa” è stata istituita dalla Regione e non dal Ministero, come in 3 comuni teatini e 27 molisani: qui al danno si aggiunge la beffa, perché neanche in questo caso si ha diritto ai permessi.
La pandemia ha già colpito duramente le fasce più deboli della popolazione sia dal punto di vista sanitario che sociale. I dati ci dicono chiaramente che ad aver perso il lavoro in questi mesi sono state principalmente le donne e l’assenza del diritto a godere di permessi in caso di scuole chiuse, si rivelerà l’ennesimo colpo all’occupazione femminile: ancora una volta le lavoratrici madri si ritroveranno a dover scegliere tra il proprio lavoro o la cura dei figli.
È quindi necessario che vi sia un immediato intervento normativo che sani questa situazione: se il recovery plan dovrà servire a recuperare quella parità di genere che nel nostro Paese è ancora una chimera, ci si preoccupi subito affinché non si debba intervenire domani per risolvere un problema causato oggi.
Così come è importante che vi sia attenzione, quando vengono assunti provvedimenti normativi, sia della condizione di lavoratrici e lavoratori più deboli, a partire da donne e precari, che quella delle generazioni che rappresentano il futuro del nostro Paese ma che dal marzo dello scorso anno, stanno vivendo sulla propria pelle le difficoltà di un sistema che fatica ad organizzarsi e troppo spesso scarica sugli ultimi le proprie inefficienze”.