“Ogni suicidio è una sconfitta”, ha detto il Sappe dopo la morte di Santoleri nel carcere di Teramo. Il sindacato della polizia penitenziaria chiede interventi urgenti
Dopo l’ennesimo suicidio registrato nel carcere di Castrogno a Teramo e alla luce di un’emergenza diffusa in tutto il Paese, si riaccende la polemica sulle numerose problematiche all’interno della struttura.
“C’è una costante situazione di tensione nelle carceri italiane. – si legge nella nota del Sappe – Episodi simili portano con sé il fallimento del sistema penitenziario, talvolta incapace di intercettare il disagio dei più fragili che vedono nell’estremo gesto l’unica via d’uscita.
Anche il segretario generale Donato Capece, dopo la morte di Giuseppe Santoleri, l’uxoricida detenuto a Teramo, ha sottolineato l’inadeguatezza del sistema e l’urgenza di soluzioni:
“Episodi simili portano con sé il fallimento del sistema penitenziario, talvolta incapace di intercettare il disagio dei più fragili che vedono nell’estremo gesto l’unica via d’uscita. Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea. Si potrebbe ipotizzare un nuovo sistema penitenziario articolato su tre livelli: il primo, per i reati meno gravi con una pena detentiva non superiore ai tre anni, caratterizzato da pene alternative al carcere, quale è l’istituto della ‘messa alla prova’; il secondo livello è quello che riguarda le pene detentive superiori ai tre anni, che inevitabilmente dovranno essere espiate in carcere, ma in istituti molto meno affollati per lo sgravio conseguente all’operatività del primo livello e per una notevole riduzione dell’utilizzo della custodia cautelare. Il terzo livello, infine, è quello della massima sicurezza, in cui il contenimento in carcere è l’obiettivo prioritario”.
La problematiche riscontrate nella struttura penitenziaria teramana oggi sono state di nuovo evidenziate oggi da Giuseppe Pallini, segretario Sappe Teramo. In Italia dall’inizio dell’anno sono stati 43 i suicidi in carcere:
“Numeri pazzeschi, indegni di un Paese civile”, denunciano i sindacati carcerari, mentre l’opposizione attacca il governo e chiede di ricorrere ad amnistia ed indulto.
Dei 43 che si sono tolti la vita, 16 erano in attesa di giudizio, secondo i numeri del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà. Sugli ultimi casi l’Autorità sta svolgendo approfondimenti assumendo informazioni per capire le modalità dei gesti. Ogni caso, sottolineano fonti del Garante, è diverso dall’altro: bisogna tenere conto della storia personale, dell’età, del residuo di pena da scontare. L’Autorità invoca da tempo un uso equilibrato della custodia cautelare in carcere, nonché misure deflattive. La normativa vigente consente ad esempio la liberazione anticipata speciale. Bisogna però tenere conto dell’articolo 4 bis della legge sull’ordinamento penitenziario che vieta la concessione di benefici per determinati reati. Due dei 4 suicidi del fine settimana avrebbero concluso la pena nel 2026.
I detenuti, lamenta il segretario del Sappe, Donato Capece, “sono vittime innocenti di un disagio individuale a cui non si riesce a fare fronte nonostante gli sforzi e l’impegno degli operatori, in primis le donne e gli uomini della polizia penitenziaria che il carcere lo vivono nelle sezioni detentive”.
Secondo il segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria, Gennarino de Fazio, “si notano due grandi essenti, il ministro della Giustizia il Governo”. Al Governo si rivolge anche Antigone, l’associazione che si batte per i diritti nelle carceri, invitandolo a ritirare il ddl sicurezza “che va verso una strada che è l’opposto di quanto servirebbe”.