Teatro a Pescara: “Caprò” chiude seconda edizione di “Cultura dei Legami”, la rassegna ideata e diretta da Edoardo Oliva.
Ultimo appuntamento, domenica 26 marzo alle 18 all’Auditorium Petruzzi di Pescara, col Festival “La cultura dei Legami”, ideato e diretto da Edoardo Oliva, in collaborazione col Museo Genti d’Abruzzo. Una rassegna del miglior teatro contemporaneo italiano salutata da un costante successo di critica e di pubblico. E per suggellarne l’epilogo domenica pomeriggio tornerà in scena lo spettacolo “Caprò”, di Vincenzo Mambella e con Edoardo Oliva, che ne cura anche la regia. Un’opera che sarà ospitata (è notizia di queste ore) a fine maggio dal festival calabrese “Primavera dei Teatri”, già vincitore di un premio Ubu quale miglior festival della scena contemporanea italiana. Un grande traguardo per questo spettacolo e per il lavoro incessante di ricerca e impegno civile portato avanti senza posa dal Teatro Immediato. Questo è il canovaccio di Caprò, un monologo che lascia il segno. 17 marzo 1891, un bastimento inglese dall’evocativo nome di “Utopia”, partito da Trieste per raggiungere l’America, dopo due soste intermedie a Palermo e Napoli, si inabissò davanti alla baia di Gibilterra, a seguito di una collisione con il rostro della corazzata Anson ormeggiata nel porto. Durante la fase di attracco, un’errata manovra del comandante, favorita dalle pessime condizioni del tempo, provocò l’impatto che aprì una falla fatale. L’affondamento fu rapido e provocò la morte di quasi 600 viaggiatori di terza classe, perlopiù contadini italiani che nell’emigrazione vedevano una possibilità di riscatto e di benessere. Tra loro14 abruzzesi di Fraine in provincia di Chieti. Nonostante la sciagura non ebbe la stessa risonanza che una ventina di anni dopo interessò il Titanic, dovuta sicuramente al differente lustro e prestigio dei suoi passeggeri, e alla sua fama di “inaffondabile”, acquisita però solo sulla carta, alcuni storici e ricercatori sono riusciti, nel tempo, a dare almeno la dignità di un nome ed un cognome ai dispersi di quella tragedia “minore” e consegnarli alla storia. Quella, però, che non rompe completamente il muro dell’oblio. Quella che non approda sui libri. Quella che nel suo “giro di do” inghiotte le piccole storie delle tante trascurabili vite di cui si nutre per garantirsi la perpetuità, le cui umanità, piene delle bellezze e delle bruttezze di ogni esistenza, si perdono per sempre.
Caprò è l’immagine, senza nessuna pretesa storica e simbolica, di una di queste. Cresciuto nell’amore ostile dei suoi genitori, e nell’attaccamento viscerale alla terra, in assenza di sogni e desideri, vive, in età adulta e senza comprenderli appieno, quelli riflessi dal fratello, anima inquieta e sensibile. La sua vita, sempre ai margini della consapevolezza, si muove per inerzia sul terreno spianato dal gretto modello paterno, scandita dal moto regolare delle stagioni. E quando accadrà qualcosa che inceppa il suo asettico e protettivo pendolo interiore, una illusoria fuga lo soccorrerà dallo smarrimento e dall’incapacità di sopravvivere all’imponderabile. Al termine della replica di domenica pomeriggio ci sarà un incontro con Vincenzo Mambella ed Edoardo Oliva a cura di Paolo Verlengia