Teramo: lavoratori in sciopero alla Richetti di Sant’Atto

Otto ore di sciopero e presidio dei lavoratori davanti alla fabbrica Richetti nella frazione teramana di Sant’Atto per dire no all’imposizione del sabato lavorativo durante l’estate

Otto ore di sciopero per tutti i turni, sabato 6 luglio 2024, per dire no all’imposizione del sabato lavorativo per tutti i mesi estivi alla Richetti Spa. L’azienda di Sant’Atto, recentemente acquisita dal fondo di investimento Green Arrow, dà il primo forte segnale del nuovo corso a partire dal risparmio sul costo del lavoro.

Dopo aver atteso fino a giugno un semplice piano ferie, lavoratrici e lavoratori di Richetti si sono visti imporre, nel giro di una settimana, l’obbligo del sabato lavorativo proprio nei mesi più caldi dell’anno: luglio, agosto e settembre. Apparentemente l’azienda applica il CCNL (contratto collettivo di lavoro nazionale), nella parte in cui prevede la cosiddetta flessibilità dell’orario, cioè la possibilità di lavorare alcune settimane fino a 48 ore e altre con orario inferiore a 40 ore per consentire il necessario recupero psicofisico.

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L’azienda utilizza dunque la leva dell’obbligatorietà prevista dal CCNL e beneficia di un risparmio sulla retribuzione, considerando che il lavoro del sabato era su base straordinaria e volontaria e retribuito con una maggiorazione più alta. I sindacati fanno sapere che l’azienda dimentica però il CCNL quando si tratta di programmare i tempi di recupero di quelle otto ore in più a settimana imposte a lavoratrici e lavoratori su più turni di tutti i sabati estivi.

«Solo alcune settimane fa, in un incontro con le segreterie territoriali di Flai Cgil e Uila Uil, l’azienda negava vi fossero previsioni e obiettivi di produttività, tali da giustificare l’esigenza di una modifica dell’orario così gravosa nei mesi del caldo estremo», spiega Delfino Coccia, segretario di Uila Uil.

«Le condizioni non ci risulta siano mutate rispetto a quell’incontro», aggiunge Cristiana Bianucci, segretaria della Flai Cgil. «Sorprende la scelta di peggiorare le condizioni di lavoro proprio nei mesi del caldo estremo, quando di solito ci si adopera per consentire il massimo recupero psicofisico delle lavoratrici e dei lavoratori; soprattutto è amaro constatare che alla richiesta di un maggior sacrificio si faccia seguire una riduzione di fatto della retribuzione».