Stalle al collasso in Abruzzo: dopo il Covid e la guerra in Ucraina, per i pastori abruzzesi arriva la mazzata del dimezzamento dei fondi comunitari che sono stati finora l’ancora di salvezza di un settore in via d’estinzione a causa dei costi di gestione elevatissimi
“La decurtazione dei contributi del 40% a livello europeo (la cosiddetta politica agricola comunitaria, anche conosciuta come Pac) era stata già evidenziata da Coldiretti alla Regione Abruzzo che, nel frattempo, ha provveduto a proporre una serie di interventi “compensativi” che andranno a ridurre il divario del 20%. Ma non basta. In ballo c’è il futuro di un settore tradizionale e importantissimo per l’economia, il turismo e l’ambiente regionale che conta circa mille pastori per un totale di 200mila capi tra ovini e caprini”. Da qui, in occasione del tavolo verde, l’appello di Coldiretti Abruzzo all’assessorato regionale: cercare ulteriori interventi ed intervenire sui tavoli nazionali per evidenziare la situazione abruzzese, in cui l’allevamento è ormai un settore che rischia il tracollo.
Per Coldiretti sono necessari strumenti di sostegno, aiuti diretti alle imprese e ristori concreti.
“Diamo atto all’assessorato dell’impegno dimostrato finora per portare la decurtazione dal 40 al 20% ma purtroppo non basta – dice Roberto Rampazzo, Direttore di Coldiretti Abruzzo – nell’ultimo tavolo verde abbiamo presentato una ulteriore proposta per far fronte alla situazione, già difficilissima. Ricordiamo che la zootecnia in Abruzzo è uno dei settori più fragili, già penalizzato dall’aumento del prezzo dei mangimi e dei cerali dovuto alla guerra e dalla staticità dei prezzi conferiti all’origine che non superano i 37 centesimi al litro, con un crollo di 2 centesimi negli ultimi due anni. Gli allevatori, che devono sostenere costi più alti di gestione e ricavi minori per il prodotto invenduto, ora si vedranno decurtare anche gli aiuti comunitari. E’ insostenibile andare avanti”.
Per Coldiretti la situazione è critica e il settore, che è un segmento importante e tradizionale dell’economia agricola regionale, rischia l’estinzione. “Chiediamo alla Regione un ulteriore sforzo e un intervento a livello nazionale – conclude Rampazzo – ogni volta che chiude una stalla si perde un patrimonio di tradizione, cultura, paesaggio e storia, si rischia il depauperamento del paesaggio e viene a mancare la custodia del territorio. E questo, in Abruzzo, è un rischio sempre più concreto”.