La Cassazione ha negato il ritorno in Italia di 10 ex terroristi, tra cui l’aquilano Giorgio Pietrostefani e Marina Petrella, per scontare le condanne definitive. Resiste così il fondamento giuridico della dottrina Mitterand, nonostante le parole di Macron e del ministro della Giustizia in favore dell’estradizione
Questa la motivazione la stessa già data dalla corte d’appello di Parigi: gli italiani sono stati giudicati colpevoli dalla giustizia italiana «in contumacia, senza aver avuto la possibilità di difendersi in un nuovo processo, la legge italiana non offrendo questa garanzia; la quasi totalità dei richiedenti hanno vissuto in Francia per circa 25-40 anni, un paese in cui hanno una situazione familiare stabile, sono inseriti professionalmente e socialmente, senza più nessun legame con l’Italia, cosicché la loro estradizione causerebbe un danno sproporzionato al loro diritto a rispetto della vita privata e familiare».
Le chances che la Cassazione accogliesse la richiesta italiana erano molto basse e così è andata. Prima dell’udienza Irene Terrel, l’avvocata francese di sette dei dieci ex militanti italiani, ha detto all’Adnkronos che «le sentenze della Corte di Appello di Parigi sono ben motivate e non sono attaccabili dal punto di visto del diritto», e si è spinta ad aggiungere che «Era un ricorso meramente politico e non giuridico».
Dopo l’arresto nel 2021, tutti e dieci gli ex terroristi erano stati rimessi in libertà, perchè la Corte d’appello di Parigi si era pronunciata per il no.
I 10 terroristi furono arrestati nel 2021 nell’operazione “Ombre rosse”: sono tutti ex membri di sigle di estrema sinistra. Sette sono stati arrestati subito, gli altri tre dopo una breve fuga. I più noti sono Giorgio Pietrostefani e Marina Petrella.
Pietrostefani, nato all’Aquila il 10 novembre del 1943 e figlio del prefetto di Arezzo, aderì in giovane età al movimento studentesco e si laureò in architettura. Poco dopo, insieme ad Adriano Sofri, fondò il gruppo di sinistra extraparlamentare Lotta Continua e diventò responsabile del servizio d’ordine. Venne arrestato per la prima volta nel 1988 quando era dirigente delle Officine meccaniche reggiane. Attualmente è condannato a 22 anni di carcere con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio del commissario della Polizia Luigi Calabresi. Come esecutori materiali dell’assassinio sono stati invece condannati Ovidio Bompressi, il quale ha ricevuto la grazia presidenziale nel 2006) e Leonardo Marino.