Al via in Corte d’Appello a L’Aquila il processo di secondo grado sulla tragedia di Rigopiano. Era il 18 gennaio del 2017 quando una valanga spazzò via l’hotel lasciando 29 vittime sotto le macerie. Contro le 25 assoluzioni su 30 imputati, sentenziate dal gup di Pescara Gianluca Sarandrea con il rito abbreviato, un appello lungo 300 pagine
La procura di Pescara punta a ribaltare la sentenza di primo grado per i trenta imputati giudicati con rito abbreviato, che ha portato a 25 assoluzioni e tre condanne, su tutte quelle dei funzionari della provincia D’Incecco e Di Blasio e del sindaco di Farindola Lacchetta. Le altre due condanne riguardano abusi edilizi sulla struttura in capo ad un tecnico e al gestore. La Procura aveva chiesto 26 condanne.
“Non vorremmo sentirci costretti, da oggi in poi, a chiederci se una località che vogliamo visitare in vacanza sia sicura più che suggestiva”. Sono le parole di Gianluca Tanda, presidente del Comitato familiari delle vittime di Rigopiano, oggi presente all’Aquila dove si tiene la prima udienza del processo in Corte d’Appello per la tragedia del 18 gennaio 2017, quando l’hotel Rigopiano di Farindola crollò sotto il peso di una valanga provocando la morte di 29 persone. “Siamo tutti speranzosi nel buon esito di questo processo – ha detto ancora Tanda – Non siamo solo noi a chiedere giustizia, ma tutta Italia perché in questo Paese deve passare il segnale che chi non garantisce la sicurezza dei cittadini deve assumersi le sue responsabilità”.
Un processo complesso racchiuso in 300 pagine di ricorso. I temi sui quali pronunciarsi sono tanti: la mancata realizzazione della carta valanghe, la pulizia dell’unica strada di accesso, le presunte responsabilità della prefettura. La sentenza di primo grado si fonda in buona misura sulle dichiarazioni dei periti per i quali la valanga non era prevedibile e quindi non ci sarebbero state condotte omissive da parte degli imputati. Per l’accusa invece ci sono precise responsabilità.
Dal 13 dicembre la parola alle Parti Civili appellanti, a seguire gli imputati appellanti che avranno a disposizione anche le udienze successive del 20 dicembre, dei giorni 10, 12, 17, 24, 26 e 31
gennaio e del 7 febbraio 2024. Il dispositivo di sentenza è previsto per il 9 febbraio.
Solo 3 dei 30 imputati vennero condannati in primo grado per il disastro vero e proprio: Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio della Provincia (a 3 anni e 4 mesi), e il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, a 2 anni e 8 mesi.
Nel ricorso la procura non ha tralasciato nessuna posizione (sono coinvolti rappresentanti di Regione Abruzzo, Provincia, Comune di Farindola e Prefettura) ed oggi sintetizzerà gli argomenti più importanti: il nesso di causalità tra il terremoto e la valanga; la prevedibilità della valanga; la mancata realizzazione della Carta pericolo valanghe e quindi il mancato inserimento della zona di Rigopiano; le responsabilità omissive di ogni singolo imputato; l’isolamento della struttura; la mancata convocazione della commissione valanghe; le responsabilità della Prefettura connesse
alla tragedia.
La posizione dell’ex Prefetto di Pescara Provolo, assolto, è uno dei punti centrali su cui farà perno la strategia dell’accusa per dimostrare che le 29 vittime potevano salvarsi. L’ex prefetto, secondo la procura, avrebbe tardivamente convocato il centro coordinamento soccorsi e la sala operativa impedendo «il necessario scambio di informazioni tra Prefettura e Provincia in merito al guasto della turbina adibita allo sgombero della neve del tratto di strada Penne-Rigopiano che doveva far scattare almeno un monitoraggio preventivo o la chiusura del tratto di strada».
Quella di oggi è la prima udienza del processo di appello, dedicata unicamente alla requisitoria della procura generale, poi ne seguiranno altre dieci per arrivare al 9 febbraio, data della sentenza.