E’ il giorno dopo la sentenza per la tragedia di Rigopiano costata la vita a 29 persone morte sotto la valanga che cancellò volti e famiglie. Era il 18 gennaio 2017. 5 sole condanne su 27 imputati, tutti assolti gli altri: un maxi processo andato avanti per 6 anni. Una disperazione quella dei familiari esplosa ieri in aula tra urla e lacrime. In serata a “I fatti e le opinioni” le parole di pacato ma intenso dolore di Alessandro Di Michelangelo che nel crollo dell’hotel ha perso il fratello
“E’ come se fossimo tornati allo strazio di quel 18 gennaio. Rispettiamo la sentenza ma da fratello ho bisogno di capire. Non siamo a caccia di colpevoli ma abbiamo il diritto di sapere come sono andate le cose e se quelle vite potevano essere salvate. Nonostante la sentenza non dimentico gli occhi lucidi dei giudici, di voi giornalisti, della gente semplice che non ha mai smesso di stare accanto a chi sotto quell’albergo ha perso pezzi di vita e famiglia”. Sono parole che colpiscono per la lucida dolorosa pacatezza quelle dette ieri a “I fatti e le opinioni” da Alessandro Di Michelangelo che nel crollo dell’hotel ha perso il fratello e la cognata. Ospite tra gli altri della trasmissione del direttore Perantuono tutta incentrata sulla sentenza, Di Michelangelo ha dato voce alla sofferenza mista ad indignazione di tutti gli altri familiari.
Alle ore 17 in punto è il giudice Gianluca Sarandrea a leggere in aula la sentenza di primo grado per la tragedia di Rigopiano: tutti assolti tranne 5. Assolti l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e l’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco. Due anni e otto mesi al sindaco di Farindola Ilario Lacchetta per omicidio plurimo colposo e lesioni multiple colpose. Il dirigente e il responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, sono stati condannati a tre anni e quattro mesi di reclusione per le accuse di omicidio plurimo colposo e lesioni multiple colpose. Gli altri due condannati sono Bruno Di Tommaso, gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della società “Gran Sasso Resort & SPA” e Giuseppe Gatto, redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della ‘Gran Sasso spa’ di intervenire su tettoie e verande dell’hotel: entrambi sono stati condannati a sei mesi di reclusione per falso.
Assolti invece l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, l’ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco; il tecnico comunale di Farindola, Enrico Colangeli; i dirigenti della Regione Abruzzo Carlo Giovani, Carlo Visca, Pierluigi Caputi, Emidio Primavera; gli ex sindaci di Farindola, Massimiliano Giancaterino, e Antonio De Vico; il dirigente regionale Antonio Sorgi; Sabatino Belmaggio, dal 2010 al 2016
responsabile dell’ufficio Rischio valanghe della Regione Abruzzo; Andrea Marrone, consulente incaricato da Di Tommaso per adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni; Luciano Sbaraglia, tecnico geologo; il comandante della Polizia Provinciale di Pescara Giulio Honorati; il tecnico Tino Chiappino; l’ex capo di gabinetto della Prefettura di Pescara Leonardo Bianco; la dirigente della Prefettura Ida De Cesaris; l’imprenditore Paolo Del Rosso; il dirigente del Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013, Vincenzo Antenucci; la Società Gran Sasso Resort & Spa srl; i vice prefetti Salvatore Angieri e Sergio Mazzia.
Assolti anche i dirigenti della Prefettura Giancarlo Verzella, Giulia Pontrandolfo e Daniela Acquaviva accusati di depistaggio per l’occultamento del brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio alla Mobile di Pescara.
E ieri sera della sentenza si è parlato nella puntata di “I fatti e le opinioni”: in studio ospiti del direttore Perantuono colleghi giornalisti, avvocati e il fratello di una delle 29 vittime.
«È stato come un nastro che si riavvolgeva», ha dichiarato Alessandro Di Michelangelo del comitato dei parenti vittime di Rigopiano, ospite ieri sera della trasmissione del direttore Carmine Perantuono.
Alessandro Di Michelangelo, che nel crollo dell’hotel ha perso il fratello, nello studio di Rete8 ha così commentato la sentenza: «Trovare un colpevole non serve a scaricare la rabbia, ma a recuperare dopo sei anni un po’ di pace interiore per accertare la verità su quanto accaduto quel 18 gennaio 2017. Le 29 vittime erano pronte ad andare via, quindi avevano chiesto aiuto perché c’era la percezione del pericolo, ma qualcuno non ha colto la loro richiesta di aiuto. Il processo non è una caccia alle streghe e da sempre c’è stato rispetto per i magistrati e il loro operato. Ora aspetteremo i 90 giorni per conoscere le motivazioni del giudice e poi cercheremo di ribaltare in appello la sentenza, non per trovare un colpevole, ripeto, ma per accertare la verità.»
Tra 90 giorni sarà possibile conoscere nei dettagli la sentenza e le sue motivazioni: cancellato, di fatto, il reato di disastro colposo.
Momenti di fortissima tensione un istante dopo la lettura della sentenza: lacrime e urla in aula. In particolare il papà di Feniello è stato fermato a forza e portato fuori tra le sue urla di ingiustizia. Il giudice Sarandrea è rimasto in aula per diversi minuti aspettando il momento opportuno per uscire in sicurezza.
“Non è il momento dei commenti: dobbiamo leggere il dispositivo”. Così il pm Giuseppe Bellelli pochi istanti dopo il pronunciamento della sentenza. “Attenderemo le valutazioni della sentenza per valutare il ricorso all’Appello. Ciò che emerge chiaramente è che è stato cancellato il reato di disastro colposo”.
Ad oltre sei anni dalla tragedia, dopo 1.318 giorni dalla prima udienza del 16 luglio 2019, ben 15 rinvii e le aule separate in piena emergenza Covid, è arrivata la sentenza di primo grado al processo per la valanga sull’Hotel Rigopiano: sentenza di assoluzione per 27 dei 30 imputati ammessi al rito abbreviato.
Rigopiano: Comitato vittime, sentenza ingiusta e irrispettosa
“Dopo sei anni di stillicidio e di calvario nella determinata e dignitosa richiesta di verità e giustizia, ieri presso il tribunale di Pescara è stata emessa una sentenza, a nostro avviso, ingiusta ed irrispettosa. Con poche parole e tanta freddezza, è stata scritta una delle più brutte pagine di storia giudiziaria italiana”. Lo afferma il Comitato vittime di Rigopiano all’indomani della sentenza sulla tragedia del 18 gennaio 2017. “La sentenza di ieri – si legge sulla pagina Facebook ‘Rigopiano, in attesa del Fiore’, curata dal Comitato vittime – oltre che uccidere per la seconda volta i nostri Angeli e catapultare tutti noi familiari nello sconforto e nella disperazione di sei anni fa, ha lanciato un pessimo messaggio a tutti gli italiani e a chi amministra il nostro Paese. Il nostro ‘mai più’ è stato sottovalutato e quasi schernito, in un’aula di tribunale, da chi emette sentenze in nome del popolo italiano. No, non in nostro nome, no!”.
Rigopiano: Caiazza, la vergogna è la mancata difesa giudici
“Mi sbaglierò, ma penso che se un ministro della Repubblica sente di dover pubblicamente denunziare una vergogna, nel suo caso abbia scelto quella sbagliata”. Così il presidente dell’Unione delle Camere Penali Giandomenico Caiazza conclude una lunga lettera aperta indirizzata al ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini che ieri ha definito “una vergogna” la sentenza con cui il Tribunale di Pescara ha assolto 25 dei 30 imputati
nel processo seguito alla valanga che travolse l’hotel Rigopiano. Caiazza, che nel processo ha difeso l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo (assolto), sottolinea che “le parole sono pietre. Ma quelle di un uomo pubblico, autorevole ministro della Repubblica, sono macigni”. E dunque, “se un ministro ragiona così, pensa tante gente, è così che è legittimo parlare e ragionare”. Per Salvini, dice ancora Caiazza, la “pietra dello scandalo” è nel fatto che gli imputati sono stati quasi tutti assolti. “Dobbiamo dedurne che, maggiore è il numero dei condannati, più saremo rassicurati che giustizia è stata fatta. All’inverso, più cresce il numero degli assolti, più cresce la vergogna”. Un’idea “stravagante (ed allarmante)” che “ne presuppone un’altra, davvero spaventosa: e cioè che l’assoluzione dell’imputato sia il naufragio della giustizia, e la condanna il suo trionfo”. Il passo successivo “è che il buon giudice sia colui che fa proprie le idee della pubblica accusa” e che “sta lì non per valutare se l’accusa sia fondata, ma per asseverarla. Pensa questo, ministro? Basta dirlo con chiarezza”. Ieri piuttosto, conclude Caiazza, ci si sarebbe dovuti vergognare per un altro episodio. “Alla lettura della sentenza, l’aula è stata profanata da una indecente gazzarra di insulti furibondi e di minacce gravissime verso un giudice della Repubblica, rimasto con dignità e coraggio, in piedi nell’aula, a riceverli. Un giudice che ha pronunziato una sentenza ‘in nome del popolo italiano’.”
Rigopiano: Anm Abruzzo, piena solidarietà a giudice
Dalla Giunta distrettuale Anm Abruzzo arriva la piena solidarietà al giudice del processo per la tragedia di Rigopiano, Gianluca Sarandrea, “pur esprimendo vicinanza ai familiari della tragedia di Rigopiano, che ha per
sempre segnato il nostro territorio, e al dolore che gli stessi hanno manifestato”. Anm Abruzzo in una nota “respinge fermamente ogni forma di attacco espresso senza che siano conosciute le motivazioni della sentenza, soprattutto se questo proviene da organi istituzionali, chiamati innanzitutto a garantire lo Stato di diritto di cui fanno parte”. Secondo la Giunta distrettuale dell’Associazione Nazionale Magistrati “in uno Stato di diritto, la critica alle pronunce giurisdizionali deve avvenire nei modi di rito e il costituzionale e inviolabile diritto di critica non può essere esercitato, specie se proviene dagli organi istituzionali, prima di aver letto le motivazioni della sentenza, risolvendosi altrimenti in una critica arbitraria, che si estende alla magistratura tutta, chiamata a giudicare secondo diritto, principio di legalità e indipendenza e a rivalutare, nei successivi gradi, ove necessario, le proprie decisioni; giammai ad assolvere o a condannare secondo quanto voluto dall’opinione comune”. Per l’Anm “le reazioni scomposte alla sentenza di ieri, diffuse sulla stampa, sui social, nei programmi televisivi, nei
quali, peraltro, sono state divulgate notizie inesatte sia sulle condanne che sulle pene della sentenza pronunciata, continua a minare il principio di indipendenza ed imparzialità del Giudice, che – conclude la nota – costituisce il baluardo di uno Stato democratico e che dovrebbe essere difeso dagli organi istituzionali, non dagli stessi indebolito e compromesso”.
Era il pomeriggio del 18 gennaio del 2017 quando migliaia di metri cubi di neve spazzarono via la struttura, ma soprattutto 29 vite umane. Muoiono sotto le macerie : Jessica Tinari (24 anni), Marinella Colangeli (32 anni), gestiva la spa dell’albergo, Roberto Del Rosso, proprietario e gestore dell’hotel Rigopiano di 53 anni, Cecilia Martella (24enne), Ilaria Di Biase (22enne), impegnata come cuoca, Piero Di Pietro (54enne), Marco Vagnarelli (44enne) e Paola Tomassini (46enne), Alessandro Riccetti (33enne), Luciano Caporale (54enne) e Silvana Angelucci (46enne), Stefano Feniello (28enne), Marco Tanda (25 anni), Marina Serraiocco (38 anni) e Domenico Di Michelangelo (41 anni), Emanuele Bonifazi (31 anni), Luana Biferi (30 anni), Sara Angelozzi (40 anni) e Claudio Baldini (40 anni), Linda Salzetta (31enne), Gabriele D’Angelo (32enne), Nadia Acconciamessa (47enne), Alessandro Giancaterino (42enne), Valentina Cicioni (33 anni), Dame Faye (42enne), Foresta Tobia (59 anni) e Bianca Iudicone (50 anni ), Sebastiano Di Carlo (49 enne), Rosa Barbara Nobilio (51 anni ).