La Radioterapia Oncologica di Chieti, diretta dal professore Domenico Genovesi, si conferma Centro di riferimento d’avanguardia per i tumori del retto localmente avanzati
Dopo aver introdotto in Abruzzo gli schemi di radio-chemioterapia concomitante neoadiuvante/preoperatoria agli inizi degli anni 2000, la ricerca scientifica è progressivamente cresciuta. Sono state investite aree di interesse plurime, con la finalità di potenziare e migliorare i risultati clinici in termini di guarigioni dei pazienti.
Lo sviluppo di modelli di predittività della risposta tumorale prima dell’inizio del trattamento, l’impiego delle moderne tecniche di diagnostica morfo-funzionale nella stadiazione e nella valutazione della risposta dopo il trattamento radio-chemioterapico e pre-chirurgico, nonché il grande progresso registrato sulle tecniche di trattamento radioterapico, sempre più selettive e personalizzate, hanno portato il Centro di Radioterapia Oncologica di Chieti ad occupare le migliori posizioni tra i migliori Centri di Radioterapia in Italia che trattano questa patologia tumorale.
In questi giorni che la Rivista Scientifica In Vivo ha pubblicato i risultati sull’impatto estremamente ed ulteriormente più favorevole che una metodica di intensificazione della dose di Radioterapia, associata alla classica Chemioterapia concomitante con il farmaco della fluoropirimidina orale, ha determinato sulle risposte patologiche post-chirurgia e sui tassi di guarigione.
“Sfruttando le metodiche di estrema precisione balistica delle moderne tecniche di trattamento, – spiega il professore Genovesi – in 178 pazienti affetti da tumore del retto localmente avanzato è stato possibile intensificare la dose di radioterapia al solo tumore del retto attraverso un sovradosaggio simultaneo (tecnica SIB), concomitante cioè al classico trattamento radioterapico eseguito sull’intera pelvi: ciò vale a dire che, mentre si tratta il volume pelvico, simultaneamente viene trattato doppiamente il solo tumore del retto. Poiché l’obiettivo principale del trattamento radio-chemioterapico concomitante pre-operatorio è retrostadiare, ovvero ridurre al massimo il volume tumorale per consentire al chirurgo un’asportazione che sia al contempo più radicale da un punto di vista oncologico e meno demolitiva, è stato raggiunto un tasso di risposte patologiche complete, quindi senza più evidenza di tumore all’esame anatomo-patologico post-chirurgico del 35.5% che, sommato ad una minima quota di tumore residuo rilevato sul pezzo operatorio, raggiunge il 60% di risposte complete o quasi-complete. L’aspetto più importante è il risvolto che questo dato di risposta ha sugli indici di sopravvivenza e quindi di guarigione dei pazienti con una sopravvivenza cancro-specifica (mortalità evitate da tumore del retto) del 90%, sia a 5 anni che a 10 anni”.
Queste evidenze pongono il Centro di Chieti tra i migliori d’Europa, come dimostrato nel lavoro pubblicato dalla comparazione con le casistiche dei Centri Europei. Le tossicità riscontrate con l’impiego di questo schema intensificato di trattamento sono state estremamente minimali.
“La sfida adesso – conclude Genovesi – è incrementare ancora di più le percentuali di risposta al trattamento radio-chemioterapico preoperatorio attraverso un ulteriore sviluppo di modelli predittivi di risposta, in grado di selezionare a monte quei pazienti con caratteristiche tumorali più aggressive e pertanto meritevoli di ulteriori trattamenti preoperatori altrettanto più aggressivi e intensificati in termini sia di radioterapia che di chemioterapia, utilizzando schedule concomitanti e di consolidamento sequenziale per vincere le resistenze tumorali molecolari e radiologiche più insidiose”.