Usura: assolti dirigenti Serfina Banca a Chieti.
Il Tribunale di Chieti ha assolto perché il fatto non sussiste quattro persone che all’epoca dei fatti, fra il 2007 e il 2010, ricoprivano ruoli dirigenziali all’interno di Serfina, la società finanziaria che aveva sede a Chieti, nata nei primi anni ’90 a servizio delle imprese, e che poi si era trasformata in banca. Si tratta di Romeo Di Fonzo, che è stato direttore sia di Serfina Finanziaria che di Serfina Banca, Bruno D’Intino, all’epoca direttore della banca, Sandra Scurci, vice direttore di Serfina Banca e Andrea Miccoli, impiegato e stretto collaboratore di D’Intino. I quattro erano accusati di usura ed estorsione: per la prima imputazione il pm Giuseppe Falasca ha chiesto la condanna di tutti gli imputati a un anno e sei mesi di reclusione e 4.000 euro di multa, mentre per l’estorsione ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste. Le accuse ruotavano intorno ad un prestito e ad un mutuo erogati ad una società che si occupava di elettronica, prestiti che per l’accusa erano a condizioni usurarie sia per il tasso pattuito e applicato, superiore al tasso soglia rilevato ogni tre mesi, sia per le concrete modalità del fatto.
Un prestito di oltre 647.500 euro, in particolare, venne erogato, sempre secondo l’accusa, convenendo l’emissione di 84 pagherò cambiari con scadenza mensile dell’importo di 9.372 euro ciascuno, con un tasso di interesse dell’11,25%, che superava il tasso soglia. Somma che sempre secondo l’accusa non venne erogata ai beneficiari, ma fu reimpiegata immediatamente dalla banca per pagare i debiti accumulati dalla società sui conti correnti, mentre il legale rappresentante della società, la moglie e uno dei figli, sarebbero stati costretti a firmare le prime dieci delle 84 cambiali dietro la minaccia consistita nel prospettare il recupero immediato da parte di Serfina delle somme che la società doveva restituire. Accuse tutte che i difensori degli imputati, gli avvocati Marco Femminella e Agusto La Morgia, hanno smontato nei loro interventi, sostenendo fra l’altro che la banca voleva risanare la società e che l’ha sostenuta costantemente, che Serfina disponeva già delle fideiussioni per poter eventualmente conseguire il decreto ingiuntivo e che le cambiali erano solo il pungolo per ottenere l’adempimento alla scadenza. Nel processo erano costituti parte civile il legale rappresentante della società e i due figli assistiti dall’avvocato Fabio Giorgi.