Sono state 43 da giugno scorso le vittime di maltrattamenti e violenza che hanno fatto ricorso alle cure mediche per i traumi riportati, al volto, alle braccia, all’addome: trauma cranico la diagnosi più frequente, ma anche occhi tumefatti, attacchi di panico, fratture, un solo caso di violenza sessuale riferito
Il numero più alto di accessi è stato registrato all’ospedale di Chieti, con 31 casi, 9 a Lanciano e 3 a Vasto. E nel 90% dei casi sono italiane le donne che negli ultimi sei mesi si sono rivolte al Pronto Soccorso degli ospedali di Chieti, Lanciano e Vasto per essere state picchiate selvaggiamente dall’uomo che avevano accanto. A renderlo noto è il Dipartimento Emergenza Urgenza della Asl, diretto da Emmanuele Tafuri, che ha elaborato il report sul
quale si confronterà il personale sanitario il prossimo 27, novembre per un pomeriggio di approfondimento e formazione nel Policlinico, a Chieti. Diversi i temi che saranno affrontati, dalla presentazione della procedura aziendale redatta per la gestione dei casi che approdano in Pronto Soccorso, agli aspetti medico-legali, ginecologici, dagli effetti sui minori alle le implicazioni di carattere psichiatrico, dall’integrazione con le strutture
territoriali alla sinergia con le Associazioni attive nelle città, quali Cooperativa Alpha, Dafne e Donn.é. “Sono racconti durissimi quelli che le donne condividono con il personale del Pronto Soccorso – dice Tafuri – : botte,
insulti, strattonamenti sono comuni a molte di loro, che noi affidiamo all’assistente sociale per la successiva presa in carico da parte della Rete Antiviolenza. Porteremo questi numeri al nostro incontro di lunedì, perché è necessario che le strutture sanitarie della Asl adottino procedure condivise, lavorando sempre in rete con istituzioni e associazioni attive sul territorio. Ma soprattutto gli operatori sanitari tutti devono imparare a riconoscere i casi di violenza sulle donne anche quando vengono taciuti dalle stesse vittime”. “E’ importante che tutte le unità operative siano sensibilizzate – sottolinea Aurelia Masciantonio, referente per la violenza di genere in Emergenza all’ospedale di Chieti e presidente del Corso – perché dobbiamo imparare anche a identificare la violenza su una donna che magari arriva in ospedale per una visita o un accertamento diagnostico senza passare per il Pronto Soccorso. Siamo convinti che ci sia ancora molto sommerso, e che le denunce mancate siano causate da paura, mancanza di autonomia, rassegnazione. Noi possiamo, però, riconoscere i segni di una violenza subita e agganciare la donna per un primo contatto, un momento di ascolto utile a farla sentire accolta, assistita da una rete pronta a stringersi intorno a lei rispondendo alla sua richiesta d’aiuto”.