Chieti, dal dramma senza tempo della Traviata allo scanzonato, e colto, Elisir d’amore, fino allo struggimento del tango: il teatro Marrucino, oltre ai bilanci in attivo, fa altri miracoli portando in scena gli impegnativi e costosi allestimenti operistici – i costi della lirica, si sa sono difficili da sostenere. La strada però è quella giusta, se in scena va anche la qualità: come quella di questa Maria de Buenos Aires, considerata da molti il lavoro più importante di Astor Piazzolla, oggi pomeriggio, domenica 12 dicembre, alle 17.30.
Piazzolla ha composto questa Maria rispettando la tradizione, ma allo stesso tempo realizzando un prodotto artistico d’avanguardia. La musica usa il linguaggio rivoluzionario del nuovo tango dissonante e graffiato, con momenti di struggimento ipnotico cui Piazzola deve la sua giusta fama. Maria de Buenos Aires regala allo spettatore quella malia tipicamente sudamericana che nasce dall’incontro-scontro tra la dimensione fisica – sensuale e carnale – e l’anima, spirituale, mistica, visionaria.
Il risultato è una produzione elegante e raffinata, intensa e corale, punteggiata dai bellissimi costumi che amplificano la croce vera o immaginaria narrata sulla scena dai bravissimi ballerini della MM Contemporary dance e da Martina Belli (Maria), Ruben Peloni (Payador) e Daniel Bonilla-Torres (El Duende). Il libretto firmato da Horazio Ferrer scrive una storia surreale e visionaria, l’orchestra Arcangelo Corelli ne restituisce integro il sapore.
Lo spunto è la leggenda metropolitana che narra le tristi vicende della di Maria, nata in un sobborgo miserabile di Buenos Aires. Poco più che adolescente, Maria, ammaliata dal suono del bandoneon, finisce in un gorgo in cui viene violentata, picchiata e infine uccisa, ma non ancora libera, anzi condannata a rinascere ogni notte della sua stessa ombra affinché ricominci da vergine la terribile giostra. Fondamentale come sempre nella musica di Piazzolla, il bandoneon di Davide Vendramin evoca l’essenza musicale dell’Argentina dei postriboli di ieri e delle milonghe di oggi.
La scena è occupata da una grande gabbia di tubi innocenti, come se la città immaginaria fosse sostenuta e allo stesso tempo imprigionata all’interno di questi spazi. Si racconta il martirio: della donna, della giustizia, dell’umanità tutta. Maria è la donna, Maria è tutte le donne che portano la croce, come Gesù. L’opera tango, in due parti e 16 quadri, è diretta da Jacopo Rivani, costumi di Carla Mellini, Coreografie di Michele Merola, regia di Carlos Branca.
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