Con lo stop del fermo pesca gli armatori abruzzesi possono finalmente tornare in mare. A Pescara, tra ieri sera e stamattina, in una tiepida giornata di fine estate che si appresta a passare il testimone all’autunno, circa il 40% dei pescherecci ha scelto di uscire dal porto, mentre gli altri prenderanno il largo da lunedì 26 settembre
Nonostante la lieve diminuzione del costo del carburante, chiusa la parentesi estiva coi turisti che affollavano i ristoranti, ora le vendite del pesce hanno iniziato a calare, perché le famiglie, per poter arrivare a fine mese, decidono di tagliare i costi, anche quello del carrello della spesa. L’aumento del 20/25% del prezzo del pesce ha infatti portato a un dimezzamento dei consumi con la conseguenza di un pericoloso avvitamento e a farne le spese sono in primis gli armatori, che in mare vanno a procacciare non solo pesce per i consumatori, ma anche uno stipendio per sfamare le proprie famiglie.
«Torniamo in mare con gli stessi problemi che avevamo prima del fermo e cioè caro gasolio, dragaggio e concorrenza del pesce che arriva dall’estero», afferma l’armatore Paride Di Girolamo. «Spero davvero che il nuovo governo si impegnerà a mettere un tetto al caro gasolio, perché attualmente ogni uscita in mare costa sui 4 mila euro tra spese carburante e stipendi da pagare. Così non ce la facciamo. Di questo passo tra qualche tempo i pescherecci non usciranno più e rimarranno fermi in banchina con un ulteriore aggravio per il governo che sarà chiamato a far fronte a disoccupazione e cassa integrazione dei marittimi che rimarranno senza lavoro.»
Ma non sono solo gli armatori ad auspicare l’intervento del governo per calmierare i prezzi. Perché a cascata, i problemi del comparto della pesca si riversano anche sui carrelli della spesa e sulle tavole dei ristoratori, che, chiusa la parentesi estiva che ha mascherato la crisi, ora attendono con trepidazione il mese di ottobre come un banco di prova, per capire se anche i propri menù dovranno subire rincari per far fronte all’aumento delle spese.
«Le spese sono triplicate», annuncia Giovanni Collini detto Chicco, ristoratore titolare di una nota attività lungo la riviera sud di Pescara. «Non parlo solo di bollette, ma anche del costo dei prodotti come lo stesso pesce. Finora abbiamo cercato di contenere i prezzi per evitare di gravare sulle tasche dei nostri clienti, ma di questo passo saremo costretti a ritoccare i prezzi dei nostri menù. E comunque il mese di ottobre per noi sarà una bilancia, perché dovremo capire se ci converrà restare aperti durante la parentesi invernale o addirittura chiudere, lasciando a casa anche i nostri dipendenti.»