La BCE detta condizioni difficili per il passaggio delle 4 “good banks”, tra cui Carichieti, a Ubi Banca. Ieri supervertice al MEF. Per il governo “il piano non deve fallire”
Dopo che il Tesoro la scorsa settimana ha ottenuto da Bruxelles una nuova proroga per la cessione di Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Carife, un nuovo stop arrivato da Francoforte adesso rischia di compromettere tutta l’operazione-salvataggio delle 4 banche. Resta in campo Ubi Banca, unica pretendente rimasta, a cui adesso però la BCE chiede un aumento di capitale di 600 milioni. Uno sforzo ritenuto inaccettabile dall’istituto di credito bergamasco, che sarebbe fermo a 400. L’interlocuzione tra BCE e Ubi Banca è entrata in una fase di stallo, e tocca al sistema bancario e al governo italiano probabilmente la prossima mossa. D’altro canto, se non andasse in porto l’operazione si determinerebbe un effetto contagio, mettendo a rischio secondo gli analisti anche il salvataggio del Monte dei Paschi.
Per questa ragione ieri al MEF si è svolto un vertice ad altissimi livelli, sul cui esito permane il massimo riserbo. Ma vi hanno partecipato oltre al ministro dell’Economia Padoan, il governatore di Bankitalia, i vertici delle tre banche più importanti (Intesa, Unicredit e Ubi), l’Abi (con il dg abruzzese Giovanni Sabatini), e il responsabile del Fondo Atlante Penati.
Secondo le poche indiscrezioni trapelate, per sostenere la cessione a UBI il governo punterebbe alle cosiddette «soluzioni di sistema», che vedrebbero coinvolte Cassa Depositi e Prestiti, Fondo Atlante. Ma sarebbero state “sollecitate” ad intervenire anche Banca Intesa ed Unicredit, che già erogarono assieme ad Ubi un prestito ponte da 1,6 miliardi destinato alle 4 «good banks». Le quali, dal canto loro, hanno determinato ulteriori nuove sofferenze da inizio anno, e non possono restare “sospese” ancora molto a lungo.