Test d’ingresso all’università, un quiz misura il sapere delle aspiranti matricole per decidere se abbiano il diritto di studiare nelle facoltà a numero chiuso. Ogni anno, nel periodo delle prove, si riaccende la polemica.
Forse giocandoli al lotto ci sarebbero maggiori probabilità di vittoria, almeno se si optasse per una ruota fissa. Peccato però che le misure della conoscenza, in Italia, partano da un 100 che nessuna ruota annovera tra le possibilità di successo. E tuttavia è vero, un po’ lotteria lo è questa ammissione via test alle facoltà universitarie a numero chiuso. 100 minuti per rispondere, 60 domande su tutto e di più, almeno 20 punti da ottenere per essere estratti in una delle ruote – pardon città – inserite nell’elenco delle sedi preferite dal candidato. Facciamo qualche esempio, a patto che non chiediate le risposte. Visto che non sono state ancora rese note dal Ministero, meglio non avventurasi verso il rischio di brutte figure. Questa, per esempio, la domanda numero 17:
– Individuare il termine la cui etimologia NON segue la stessa “logica” degli altri:
• Antonomasia
• Omofonia
• Omonimia
• Pronominale
• Toponomastica
E questa la numero 9:
– Si considerino le seguenti affermazioni: Rongfeldt non si trova più a nord di Sgybo. Sgybo si trova più a sud di Rongfeldt. Sgybo si trova a nord almeno quanto Rongfeldt. Cosa si evince da queste tre affermazioni?
• Nessuna delle tre è logicamente equivalente
• La prima è logicamente equivalente alla seconda, ma non alla terza
• La seconda è logicamente equivalente alla terza, ma non alla prima
• Tutte e tre sono logicamente equivalenti
• La prima è logicamente equivalente alla terza, ma non alla seconda
I risultati verranno pubblicati in tre fasi: il 22 settembre sul sito accessoprogrammato.it verranno pubblicati i punteggi di tutti i candidati senza una graduatoria nazionale; il 2 ottobre i compiti potranno essere visionati dai candidati interessati tramite le proprie credenziali d’accesso al sito del Ministero; il 7 ottobre verranno pubblicati i risultati del test di medicina 2015 e la graduatoria nazionale. Se e quanto alle risposte alle suddette domande corrisponda il giusto bagaglio di conoscenza che ogni aspirante matricola dovrebbe portare in dote, non è affar nostro. Questo è il criterio, e questo ci teniamo, almeno fino a che qualcuno non decida di guardare anche al di là del proprio naso – leggasi confine – e vedere se in giro per l’Europa, e oltre, c’è chi fa di meglio. Una cosa però è certa: almeno alle Università i test servono perché ossigenano le casse, dove più e dove meno. Infatti gli atenei pubblici non sono tutti uguali: hanno tasse più alte e tasse meno alte, iscrizioni più care e meno care, città in cui l’affitto costa di più e altre in cui è maggiormente a buon mercato (una singola a Roma o Milano sta sui 500 euro, a Pescara ne bastano la metà). Quindi è ovvio che esistano atenei in cui sostenere un test di ammissione, per esempio alla facoltà di Medicina, può costare di meno o di più: dai 10 euro di Milano Bicocca ai 35 euro di L’Aquila, fino ai 90 di Messina e 100 di Napoli, Vercelli, Salerno. La cosa strana è che la prova è uguale per tutti e la graduatoria finale sarà unica e nazionale, per cui pure se si è sostenuto il test in un’università prestigiosa (il candidato è obbligato a farlo nella sede indicata come prima scelta) non è detto che sia quella che si frequenterà. Intanto però si è pagato, 3 milioni di euro a fondo perduto spesi dai circa 60.000 aspiranti medici o dentisti che l’8 settembre hanno sostenuto la prova di ingresso ai corsi di laurea di Medicina e Chirurgia e Odontoiatria (la prova è unica). E certo non aiuta sapere che potrebbero essere stati pure soldi mal spesi, visto che le porte si apriranno solo per 9.000 delle 60.000 aspiranti matricole. Quanto alle altre prove, il 4 settembre si sono svolti i test per le Professioni Sanitarie, il 9 per Veterinaria e oggi per Architettura. Ovunque però sembra che le domande per accedervi siano in calo rispetto allo scorso anno. Tornando alle risposte, occorre sapere che a Medicina per ciascuna esatta vengono attribuiti 1,5 punti, zero punti per ogni risposta non data e -0,4 punti per ogni risposta errata. In caso di dubbio, quindi è meglio non rispondere. Ma quanto si studia per sostenere i test? Tanto, visto che tra le 60 domande alcune sono piuttosto insidiose, altre addirittura impossibili per uno studente che alla laurea ci vorrebbe arrivare, mica ce l’’ha già in tasca. Solo il 10% dei candidati ha iniziato a studiare poco prima del test, tutti gli altri sono sui libri da mesi. Uno su quattro sostiene di allenarsi da circa un anno, sia con i libri che con internet. Cosa li spinge a tentare una prova di ammissione così selettiva? Il 18% si dice interessato ad opportunità di carriera e di guadagno, ma per il 73% del campione è una questione di passione. Quella del test di ammissione è una scelta contestata da molte associazioni studentesche, che sottolineano come l’accesso al sapere non sia libero e ritengono che non dovrebbe essere il mercato del lavoro ad imporre il ritmo, semmai dovrebbero essere gli studenti a stimolare la società. E’ pur vero che il sistema dei test a risposta multipla si basa anche sul caso o sulla fortuna – e sulla capienza degli atenei – senza soffermarsi più di tanto se di medici ne occorrano più di quelli che riescono ad uscire indenni dal quizzometro e poi dalla laurea. Fatto sta che all’Ud’A di Chieti, tanto per fare un esempio, passeranno solo 180 dei 1280 aspiranti medici che hanno sostenuto la prova, meno 10% rispetto al 2014. In una lettera inviata al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, il Codacons ha denunciato il fatto che “i test oggi vengono mantenuti esclusivamente per una mancanza di fondi, ossia per l’incapacità delle nostre università di gestire un numero elevato di iscritti”. In sostanza è solo questione di soldi: le scarne risorse a disposizione e la condizione delle aule e degli edifici consentono di gestire solo un numero limitato di matricole, quindi i test – nati ufficialmente per calmierare le professioni – restano in vigore senza alcuna valutazione del loro reale fabbisogno. Il Codacons suggerisce di ispirarsi magari alla Francia, dove la selezione avviene nel primo anno di università, che deve concludersi con il superamento di tutti gli esami, pena l’esclusione. In questo modo, secondo il Codacons, la selezione avviene sulla base di reali meriti e non su di una prova senza senso, che assegna più peso a 60 domande di varia umanità (anche impossibili) che al percorso di studio appena concluso con la maturità.