“Mi sono sentito minacciato e ho reagito tirando un pugno a Giuseppe Pio D’Astolfo, che poi è caduto a terra”. Il tredicenne indagato per lesioni gravi ha ammesso le sue responsabilità per il ferimento del 18enne lancianese, finito in coma all’ospedale di Pescara, parlando però di gesto di difesa.
E’ stato sentito dai carabinieri di Lanciano dove si è presentato spontaneamente, accompagnato dal difensore Vincenzo Menicucci, per fornire la sua versione dei fatti sulla violenta serata di sabato scorso all’ex stazione Sangritana di Lanciano. A seguito della testimonianza del minore questa mattina è scattata una raffica di perquisizioni domiciliari, disposte dalla procura di Lanciano, dove sono stati acquisiti anche i telefoni degli altri quattro indagati in concorso e alcuni loro famigliari per verificare l’attendibilità del racconto del tredicenne.
L’indagine vede indagate altri due minori di 14 anni e due maggiorenni, di 18 e 30 anni. I coinvolti appartengono a tre distinte famiglie nomadi di Lanciano, con cognomi diversi. Nel suo racconto, il tredicenne ha poi precisato che tutto è nato per una ragazza di 16 anni che era col ragazzo ferito e l’amico dominicano di 25 anni. La minore avrebbe detto loro che i ragazzi nomadi seduti vicini volevano picchiarli. “I due maggiorenni – ha aggiunto il minore – si sono poi avvicinati dicendomi che non facevo paura a nessuno e che se fossi partito prima io poi sarebbero partiti anche loro. E io ho reagito col pugno. Mentre andavo via ho schivato di striscio un colpo che mi ha sferrato il domenicano e io ho poi cercato di colpirlo a mia volta, mentre la ragazza 16enne mi ha preso per il collo. E per paura sono scappato. Dopo mezzanotte ho cercato di contattare la ragazza che mi ha chiuso il telefono e mi ha mandato un sms dicendomi quello che è successo è anche un po’ colpa mia”.
Telefonate e messaggi intercorsi quella notte tra i vari protagonisti del caso vanno ora controllati. Sulle gravi condizioni di salute di Giuseppe Pio la madre del tredicenne, formalmente indagato, si è detta vicina al dolore della famiglia, precisando che il figlio pagherà per le sue responsabilità. L’avvocato Menicucci commenta: “Non fomentare inutilmente l’odio razziale. Il minore si è fatto spontaneamente avanti prima ancora che uscissero le responsabilità e non appena ha ricollegato che il 18enne ferito era quello a cui aveva dato il pugno, l’ha subito detto alla madre. In caserma è andato per collaborare all’accertamento della verità”.