“Il caso della Asl dell’Aquila non è né il primo né l’ultimo. La cybersecurity deve essere oggetto di attenzione costante, per evitare importanti incidenti del genere”. Ad analizzare la situazione è Andrea Monti, Digital law, docente diritto digitale Ud’A, il quale non si sbilancia nemmeno sui tempi di recupero del sistema che potrebbero essere lunghi
Il gruppo hacker, intanto, ha già diffuso i primi dati sensibili, e continua a pretendere un riscatto. Cosa fare ora? “Nel caso specifico, solo le forze di polizia potranno dare una risposte”, prosegue Monti. “In linea generale questi attacchi avvengono da parte degli aggressori inviando mail che se vengono aperte fanno entrare ulteriori virus, oppure vengono sfruttate le vulnerabilità dei vari software sia negli errori della loro gestione, potrebbe essersi trattato anche di una sovrapposizione di concause”. “La prima cosa a cui pensare ma del tutto illegale e improponibile, è pagare il riscatto. Paradossalmente nemmeno se lo si facesse si avrebbe la garanzia che altri dati non saranno diffusi. Ci sono stati dei casi di virus non tecnicamente perfetti che sconfitti da esperti soprattutto in ambito universitario, però in linea di massima è improbabile che i dati possano essere recuperati se non ci sono delle copie. La cosa che voglio sottolineare è che situazioni come queste possono essere evitate con un minimo di cura nella gestione”. Mentre continuano le polemiche politiche a rimetterci sono come sempre gli utenti.