Carabinieri del comando provinciale di Catania stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di oltre 30 indagati della cosca Santapaola-Ercolano. L’inchiesta della Dda, dominata ‘Sangue blu’, ha fatto luce sulle recenti evoluzioni delle dinamiche della ‘famiglia’ di Cosa Nostra etnea. Tra le provincie coinvolte c’è quella de L’Aquila
Il provvedimento del Gip ipotizza, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa e concorso esterno, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi e munizioni e concorso in trasferimento
fraudolento di valori, aggravati dal metodo mafioso. Nell’operazione sono impegnati 250 carabinieri del comando provinciale etneo che stanno eseguendo l’ordinanza nelle provincie di Catania, Prato, L’Aquila, Enna, Perugia, Vibo Valentia, Palermo, Benevento, Siracusa e Avellino.
In manette anche l’attuale “responsabile provinciale” della famiglia mafiosa “Santapaola – Ercolano”. Dall’indagine sono emersi un vasto giro di estorsioni ai danni di imprenditori catanesi, un fiorente traffico di stupefacenti, il recupero crediti attraverso prestiti ad usura e l’intestazione fittizia di attività economiche. I proventi delle attività illecite venivano utilizzati sia per il mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti, sia reinvestiti in altre attività imprenditoriali infiltrando il tessuto economico catanese.
Sequestrati beni per un valore complessivo di oltre 4 milioni di euro.
Secondo l’accusa, la cosca gestiva estorsioni e un vasto traffico di sostanze stupefacenti. L’inchiesta avrebbe fatto luce su sei episodi di ‘taglieggiamenti’ a imprenditori dei settori dei servizi per la logistica, delle attività turistico-ricreative e del commercio all’ingrosso e al dettaglio. In un caso la richiesta estorsiva è stata preceduta da una bottiglia incendiaria posta all’esterno di un noto stabilimento balneare della Plaia, accompagnata da un pizzino con la scritta “200 mila euro o ti cerchi l’amico 2 giorni di tempo”. Una è stata invece interrotta in flagranza dai carabinieri che hanno arrestato un esattore poco dopo avere
prelevato più di 1.000 euro da un imprenditore catanese, il quale, dopo un’iniziale reticenza, ha riferito di essere stato vittima di pressanti richieste già da diverso tempo. Il ‘pizzo’ era utilizzato da clan anche al mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti.
“Le dichiarazioni degli imprenditori taglieggiati – ha detto il comandante provinciale dell’Arma di Catania, colonnello Rino Coppola – sono arrivate successivamente, quando sono stati chiamati dalla Polizia giudiziaria per essere sentiti. Per cui, dopo un iniziale reticenza, hanno ammesso le cose che erano state già documentate dall’attività di indagine”.