Blasioli su Applicazione Decreto Sviluppo: “Tar e Consiglio di Stato sconfessano Regione e Comune”

Dopo il Tar Abruzzo, anche il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 183 del 13 gennaio 2025, sconfessa l’applicazione del Decreto Sviluppo da parte del Comune di Pescara.

A precisarlo, in una nota, il Vice Presidente del Consiglio Regionale Antonio Blasioli:

“Lo scorso 6 maggio, infatti, il Tar di Pescara aveva annullato, giudicandola illegittima, la Delibera di Consiglio Comunale 20/2023 dell’amministrazione Masci con cui era stata recepita e applicata sul territorio comunale il “Decreto Sviluppo” e, di conseguenza, il permesso di costruire rilasciato in Via Oberdan che prevedeva demolizione e ricostruzione con premialità volumetriche proprio in ossequio a quest’ultima.

Sono sentenze molto importanti perché forniscono una serie di valutazioni sul modo in cui, in questi anni, è stata applicata la normativa dal Comune di Pescara.

A seguito dell’approvazione del DL 70/2011, il “Decreto Sviluppo”, nello specifico l’articolo 5, la Regione Abruzzo ha approvato la Legge Regionale 49/2012 con l’obiettivo di favorire processi di rigenerazione urbana. Un provvedimento sicuramente condivisibile nelle finalità, purché non si scalfisse la pianificazione ordinata e corretta del territorio.

La legge nazionale rendeva possibile, a seguito della demolizione di un edificio, la ricostruzione dello stesso con un incremento della volumetria del 20%. A questa percentuale, la legge regionale ha aggiunto un ulteriore 20%, che poteva essere aumentato sino al 40% monetizzando una somma commisurata al costo di acquisizione di altre aree, equivalenti per estensione e comparabili per ubicazione e destinazione a quelle per le quali sussiste l’obbligo di cessione. Poteva essere attribuito infine un ulteriore 10% in caso di raggiungimento della Classe energetica “A”.

La Legge Regionale non era comunque direttamente applicabile, perché necessitava di una specifica Delibera comunale che disciplinasse le zone in cui escludere l’applicazione degli incentivi volumetrici e quelle in cui far valere comunque specifici limiti in materia di altezza e distanza.

Per questo motivo, con Delibera 163/2017, nel recepire la Legge 49/2012 il Consiglio Comunale ha stabilito gli ambiti di esclusione: la fascia litoranea a 50 m dal ciglio stradale lato monte della riviera, altri ambiti in cui sussistevano vincoli di natura paesaggistica e idrogeologica, nonchè alcune aree in cui procedere attraverso piani di recupero.

Sebbene si fosse proceduto già ad un notevole incremento delle volumetrie, parliamo di un possibile 70% in più rispetto all’esistente da demolire, la regione Abruzzo, su iniziativa del Presidente Sospiri e dell’allora Assessore Campitelli e malgrado la forte opposizione condotta mediante emendamenti ostruzionistici, con la L.R. 29/2020 ha introdotto la possibilità di ottenere un ulteriore incremento volumetrico del 15% in caso di demolizione e ricostruzione e in caso di riqualificazione energetica superiore alla classe “A”. In sostanza le varie normative consentivano di ricostruire fino all’85% in più di quanto demolito. Sono questi i provvedimenti che hanno legittimato a Pescara il proliferare di palazzoni in luogo di piccole villette.

Nel 2020, quindi, la Legge regionale del 2012 è stata ulteriormente potenziata rispetto all’anno (2017) in cui è stata recepita dal Comune di Pescara, e la sua applicazione in città veniva autorizzata volta per volta tramite il solo rilascio del permesso a costruire. Tuttavia, neanche questo è bastato al centrodestra, che ha deciso, nel marzo 2023, con Delibera di Consiglio Comunale, di eliminare sia le aree di esclusione, per esempio la fascia litoranea, alcune aree dei colli che erano state inserite nel 2017, così come i vincoli di altezze e distanze. Sono stati inoltre liberalizzati i cambi di destinazione d’uso.

La sentenza del 6 maggio 2024 e la conferma del Consiglio di Stato del 13 gennaio sembrano però riscrivere la storia dell’utilizzo del Decreto Sviluppo sul territorio comunale. Se infatti da un lato i giudici censurano in parte la Delibera del 2017, dall’altro mettono in luce un intento di tutela della città e delle aree di pregio, cassando invece senza mezzi termini la liberalizzazione operata dal centrodestra. I giudici, citando un’approfondita giurisprudenza in materia, entrano poi nel merito del significato del Decreto Sviluppo e sul fatto che gli incrementi siano legati a operazioni di recupero di aree degradate e dismesse, e non di mera ricostruzione e demolizione per il rinnovo del patrimonio immobiliare. Il principio quindi è che la rigenerazione va fatta dove serve, e che quanto avvenuto a Pescara, con la concentrazione di interventi in aree di pregio, o comunque non degradate, sarebbe il contrario di quanto prefigurato dal legislatore nazionale.

Ancora più importante è il passaggio operato dai giudici sulla competenza della decisione sulle premialità: «la valutazione di derogare alle previsioni di piano, e dunque di attuare le previsioni del d.l. 70 del 2011 e della L.R. 49 del 2012, spetta unicamente al Consiglio comunale, non restando in capo ai dirigenti alcuna discrezionalità in materia». Dunque, secondo i giudici, gli interventi autorizzati fino al 6 maggio andavano approvati dal Consiglio Comunale, cosa che conferma, a maggior ragione, come non possa essere possibile una “Delibera che individua genericamente tutto il territorio comunale poiché corrisponderebbe di fatto a omettere qualsivoglia effettiva valutazione in ordine alla sussistenza dei succitati eccezionali presupposti di legge”, cioè quella approvata dal centrodestra.

La situazione non è migliore, come detto, in Consiglio Regionale, dove la destra, negli ultimi cinque anni, ha fatto di tutto per introdurre deroghe in materia urbanistica ed edilizia. Ho sempre cercato, con emendamenti anche ostruzionistici, di evitare queste decisioni, consapevole del rischio di deregulation che ne sarebbe scaturita.

Occorre dunque fare chiarezza, sia al livello comunale che regionale, sul Decreto Sviluppo. Forse sarebbe opportuno introdurre una norma regionale che, sulla scia di quanto asserito dai collegi giudicanti, rafforzi il potere dei Comuni, subordinando gli incrementi volumetrici e i cambi di destinazione all’approvazione di specifiche delibere di Consiglio Comunale. Si tratta di un provvedimento che avevamo già chiesto con emendamenti specifici ogni volta che sono state portate in Consiglio regionale delle modifiche alla legge.

A queste valutazioni di tipo politico se ne aggiunge un’altra, ieri chiarita definitivamente dal Consiglio di Stato. Il Comune, anche nella sua difesa, ha provato a dare copertura ai permessi a costruire rilasciati dopo il marzo 2023 con la precedente Delibera di Consiglio comunale n. 163/2017. Tuttavia il Consiglio di Stato ha chiarito come sia stato lo stesso Consiglio comunale pescarese ad aver modificato e sostituito integralmente quella delibera, chiarendo che tutte le domande presentate successivamente alla data del 9 marzo 2023 (data di esecutività della delibera n. 20/2023) sono state presentate in virtù della delibera n. 20/2023, ora cassata.

Ritengo che, dopo la sentenza del TAR del 6 maggio 2024, il Comune di Pescara, con un principio di precauzione e attenzione, avrebbe fatto bene a sospendere gli effetti dei permessi a costruire che prevedevano l’applicazione degli incentivi previsti dalla Legge Regionale sul decreto sviluppo. Tuttavia, nulla di tutto ciò è stato fatto e le costruzioni sono state portate avanti come niente fosse, esponendo ora i titolari ad un percorso molto accidentato. Per questo mi aspetto che il Comune intervenga sulle attività edilizie in corso e che riacquisisca il potere programmatorio sulla città. Sia il Tar che il Consiglio di Stato hanno definito come «illegittima» la Delibera 20/2023, ora non resta che capire se lo sia anche quanto fatto di conseguenza.