Botta e risposta, a distanza e con molte polemiche, tra Paolucci e Febbo sul futuro dell’ospedale di Atessa.
“E’ dal settembre 2014 che sono state dichiarate le intenzioni della Regione sui presidi ospedalieri di Guardiagrele e Atessa. Eppure, per il solito spirito polemico e strumentale, Febbo continua a sollevare questioni senza fondamento”. Così l’assessore alla programmazione sanitaria, Silvio Paolucci, facendo alcune precisazioni rispetto alle dichiarazioni del presidente della commissione di vigilanza. “Martedì primo marzo, come noto da giorni – spiega Paolucci – si avvierà la riconversione del presidio di Guardiagrele, mentre ad Atessa il processo partirà più avanti, tenuto conto che avrà nel frattempo 20 posti letto di lungodegenza. Per il futuro, invece, il progetto prevede di trasformare quelle strutture in ospedali di comunità, con un’adeguata dotazione di posti letto territoriali: un nuovo modello di assistenza, più rispondente alle esigenze dell’utenza di riferimento (composta in gran parte da over 65). Non ci sarà, quindi, alcuna perdita di posti letto. Sia a Guardiagrele, che ad Atessa, ci saranno fino a 20 posti letto per l’ospedale di comunità, a cui si aggiungeranno alcune decine di altri posti destinati a residenze sanitarie assistite per anziani non autosufficienti, semiresidenze per anziani e altri servizi, fino a 80 posti letto. A questo si affiancheranno i laboratori analisi, il centro raccolta sangue, la diagnostica per immagini e ambulatori specialistici. Parlare di chiusura, ancora una volta, mi sembra grave, perchè si ingenerano timori ingiustificati nella popolazione”. Paolucci torna poi su quanto aveva disposto il precedente commissario Chiodi, nel decreto 45 del 2010. “In quell’atto – conclude l’ assessore – era stata cancellata integralmente la dotazione di posti letto in quei presidi, in cui erano previsti solo ambulatori specialistici e un’assistenza medico-infermieristica limitata a 12 ore giornaliere. La maggioranza di cui Febbo faceva parte aveva dunque previsto zero posti letto, come avvenuto poi effettivamente a Casoli”.