Sulla tragica esplosione avvenuta nel dicembre di due anni fa alla Esplodenti Sabino dia Casalbordino, in cui persero la vita tre operai, Paolo Pepe, Nicola Colameo e Carlo Spinelli, si registrano ulteriori novità. Nel registro degli indagati sono finite 10 persone
La tragedia come si ricorderà avvenne nel dicembre del 2020 nello stabilimento della Esplodenti Sabino a Casalbordino. L’azienda nata nei primi anni settanta che si occupa dello smaltimento di materiale esplosivo dove lavorano una settantina di dipendenti. Nell’esplosione sono morti tre operai, Paolo Pepe, 45 anni, di Pollutri, Nicola Colameo, 45, di Guilmi, e Carlo Spinelli, 54, di Casalbordino.
I dieci indagati sono accusati di omicidio colposo plurimo aggravato, in quanto “commesso con la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”, e disastro colposo. Il procuratore della Repubblica di Vasto, Giampiero Di Florio, ha firmato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari sulla tragedia avvenuta il 21 dicembre del 2020.
Scondo quanto riportato stamani sulle pagine del quotidiano “il Centro” ora i 10 indagati, difesi dagli avvocati Augusto La Morgia, Arnaldo Tascione, Nicola Di Domenico, Franco Barbetti e Virginia Amalia Memoli, hanno venti giorni di tempo per presentare memorie, produrre documenti o chiedere di essere interrogati. Poi la procura deciderà se sollecitare il rinvio a giudizio.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, coordinamento di Unione Popolare: “Indagini confermano nostro esposto”
Dopo circa un mese dall’esplosione del 21 dicembre 2020 che causò la morte di tre operai alla Esplodenti Sabino presentai un corposo esposto alla Procura della Repubblica di Vasto per segnalare una serie di incongruenze sulle autorizzazioni ambientali e sugli adempimenti in materia di sicurezza. Analoga iniziativa fu assunta da Augusto De Sanctis del Forum H2O.
Da quel che leggiamo sugli organi di informazione i nostri rilievi – ricavati dallo studio della documentazione raccolta – escono confermati dall’inchiesta del procuratore Giampiero Di Florio che ha firmato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari individuando dieci indagati per accusati di omicidio colposo plurimo aggravato, in quanto “commesso con la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”, e disastro colposo.
La cosa più grave è però che uno stabilimento che era classificato ad alto rischio sulla base della Direttiva Seveso non sia stato attenzionato dalle autorità competenti nel corso degli anni. Sui siti del comune di Casalbordino e della Prefettura di Chieti non era neanche pubblicato il Piano di Emergenza esterna come imporrebbe la normativa vigente.
Solo una costante attività di vigilanza e prevenzione può consentire di prevenire incidenti gravi. E’ necessaria anche l’introduzione nel codice penale del reato di omicidio e lesioni sul lavoro con pene dai 10 e 18 anni perchè non è accettabile che non si rispettino le norme di sicurezza sul lavoro neanche negli impianti a rischio di incidente rilevante (Direttiva Seveso).