L’Aquila Rugby, lettera aperta del coach Troiani

L’Aquila Rugby, lettera aperta del coach Troiani. Un’analisi dura e precisa della situazione in cui versa la palla ovale aquilana.

Riceviamo e pubblichiamo una lunga lettera dell’allenatore dell’Aquila Rugby, Vincenzo Troiani.

“Sono Vincenzo Troiani, allenatore de L’Aquila Rugby Club, scrivo da uomo di
rugby, alla mia città, nella quale sono tornato dopo tanti anni di esperienze importanti per
la mia formazione tecnica. Sono tornato con il preciso intento di dare il mio contributo alla
ricostruzione dell’Aquila, attraverso quello che so fare meglio, cioè il rugby.
Questo sport ha intriso tutta la mia vita e coincide ancora oggi con la quotidianità della mia
famiglia. Non c’è stato anno, mese, settimana o giorno in cui io non abbia lavorato nel
rugby e per il rugby e tutto ciò che ho imparato da questo sport meraviglioso oggi voglio
usarlo per la mia città.
Proprio come uomo di sport sono e mi sento al di sopra delle parti. Questo mi
permette di avere una visione nitida della situazione attuale del rugby aquilano, malato
ormai da anni di quell’immobilismo che spesso è proprio del popolo aquilano, unito ad una
visione chiusa e a volte personalistica che non consente a nessuno di progettare un futuro
di crescita per questa disciplina.
L’Aquila è una città fisicamente in ricostruzione nella sua struttura architettonica,
ma è ormai drammaticamente evidente a tutti che ciò per cui niente si investe e si progetta
è quella ricostruzione sociale e culturale che io ritengo debba passare anche, se non
soprattutto, dallo sport.
Tutte le realtà sportive soffrono ormai da anni per carenza di fondi e di strutture
adeguate. Il rugby ha pagato in questo senso un prezzo altissimo, anche a causa di una
mancata progettualità e visione del futuro.
Non si investe in maniera sistematica nelle scuole, serbatoi incredibili di potenziali
futuri rugbysti: lavorare oggi sui bambini nati nel post terremoto significa costruire la
popolazione sportiva (attiva) dei prossimi 20 anni e quindi sul tessuto sociale di questa
città. Oggi L’Aquila occupa i primi posti tra le città dove il rischio obesità è elevato
(relazione ISTISAN 2013) e se a questo si aggiungono i dati preoccupanti sul benessere
mentale dei nostri bambini, nati e vissuti in una città ferita e profondamente dispersa,
allora il quadro non è certo confortante.
Portare il rugby nelle scuole non significa solo fare reclutamento e quindi numeri:
significa invece seminare a piene mani quei valori di sostegno, di crescita condivisa, di
forza d’animo e di coraggio che per noi aquilani, nel futuro soprattutto, potrebbero fare la
differenza. Significa investire nel futuro.
Molti giovani atleti e tecnici di risalto che negli ultimi anni sono approdati nelle
Accademie Federali o nelle Nazionali giovanili, a casa loro non hanno prospettive di
crescita a causa di particolarismi e dietrologia sterile. Si rischia così di disperdere un
patrimonio costruito da persone qualificate che hanno avuto una visione.
Continuare a celebrare fasti passati senza sognarne di nuovi non aiuta le giovani
generazioni di rugbysti a impegnarsi oltre le difficoltà attuali.
Sopravvivere sperando che qualcosa accada, arrivando a salvare il salvabile non
può e non deve essere l’atteggiamento di una città che del rugby ha fatto negli anni il suo
punto di orgoglio.
Ma occorre prepararsi al meglio, come atleti, come tecnici, come dirigenti perché le
vittorie non si conquistano solo con il cuore e l’orgoglio, se manca un progetto alla base.
Sono necessarie forze nuove, con un sogno negli occhi e la concretezza nelle
azioni, serve una classe dirigenziale in grado di anticipare, progettare, guidare al meglio le
realtà rugbystiche aquilane, perché ancora una volta cuore e orgoglio possono non
bastare per realizzare una grande progetto.
Il rugby può aiutare ad alzare lo sguardo oltre gli anni difficili, ormai alle spalle, e
quelli che dovranno ancora passare per poter dire che ne siamo usciti; può aiutare tutti
coloro che lavorano e soffrono tutta la settimana, continuando a sentire la mancanza di
una socialità, portandoli allo stadio la domenica, a godere lo spettacolo di una partita, a
tifare, a sentirsi parte di una comunità viva, ad esultare o a piangere per qualcosa che non
è personale, ma che comunque ci appartiene.
Dobbiamo e possiamo investire su noi stessi, come atleti, come tecnici, come
dirigenti, senza aspettare qualcuno esterno alla nostra realtà che ci insegni come e cosa
fare.
Tutti coloro che dalla ricostruzione della nostra città ora stanno traendo lavoro e
risorse, costruttori, ingegneri, architetti, notai, avvocati, commercialisti, amministratori di
condomini, si mettano a disposizione di un progetto di RI-costruzione sociale come il rugby
aquilano, come meglio sanno, con conoscenze, competenze, disponibilità di tempo ed
economica.
Vi chiedo di farlo ora perché siamo allo stremo delle nostre forze, bisogna farlo ora,
o tra qualche anno avremo una città bellissima, con strutture sicure, efficiente, ma vuota.
Di valori e di persone”.

Vincenzo Troiani

Paolo Durante: