L’Aquila calcio – Analisi di un fallimento che brucia e che il ” più grande cantiere d’Europa” doveva evitare. Che si vergognino tutti!
E’ game over! L’Aquila deve ingoiare l’ennesimo boccone amaro chiamato fallimento. Fallimento, un parola ben scolpita nel dna dello sport del capoluogo che troppo spesso ha letto la parola fine nel libro che racconta le sue esperienze calcistiche. Colpa di tutti, nessuno escluso. In primis della società e di chi la ha gestita. Male, malissimo fino ad arrivare ad un punto di non ritorno. Eppure lo scorso anno si poteva salvare con l’interessamento di Penzi ma nessuno dei soci ha pensato bene di mettere a disposizione quello che serviva per iniziare il salvataggio. Quei famosi centomila euro, quelle famose garanzie mai viste che hanno allontanato Penzi. Una superficialità imperdonabile della società, al pari delle pessime gestioni. Detto e ridetto di questa società e delle sue infinite colpe gli altri attori vanno tutti dietro la lavagna. A cominciare dalla politica, incapace nonostante il forte interessamento dell’assessore Piccinini di trovare soluzioni o di indirizzare una classe imprenditoriale cittadina di cui parleremo più avanti. Eppure questa volta le “ garanzie “ sui debiti c’erano preparate dall’avvocato Tiberio Gulluni, proprio quello che era mancato per far salire Penzi al comando della società la scorsa estate. Il riassunto dell’ultimo mese fa ridere più di un film del miglior Fantozzi o se volete fa più paura del miglior Dario Argento. Da quando la società ha comunicato che in assenza di acquirenti o di persone interessate alla gestione sportiva si sarebbe provveduto alla liquidazione si sono presentati da Gulluni, al netto delle chiacchiere da bar, solo Nuccilli e Ius. Nuccilli è durato un batter d’occhio, mentre Gianluca Ius, presentato dalla politica aquilana, ha intavolato una lunghissima trattativa. Al contenitore di favolette con Bruno Conti ( che subito ha capito e detto no grazie), con Anellucci ex procuratore di Dybala e Cavani e con i proclami di risanare e rendere grande una società ( a parole e senza un fatto concreto) questa testata fin dall’inizio aveva “ consigliato” di non seguire quella strada sopratutto quando si era presentata una cordata aquilana ( un bluff di cui parleremo). E il motivo vero per cui non è andata in porto l’operazione Ius? La risposta la ha data lo stesso manager romano con un lungo video su Facebook. Tutti hanno potuto guardare e valutare ma nessuno si offenda se noi la definiamo un recitazione degna della prima serata al vecchio Teatro Stabile di Gigi Proietti. Detto della politica che ha avuto la grande colpa di aver portato il solo Ius a trattare con Gulluni e di avergli steso tappeti rossi allo stadio arriviamo all’imprenditoria locale. Sono tanti, troppi gli indizi che fanno pensare che la “guerra” tra costruttori, che il desiderio di vedere il “ rivale” in affari in difficoltà abbiamo avuto la meglio su quello che doveva essere il bene comune : L’Aquila calcio e più in generale la città dell’Aquila. Perché una “ cordata” si è offerta di salvare l’Aquila solo il giorno del cda che ha nominato Ius presidente quando le condizioni di emergenza si conoscevano da mesi se non da anni? Perché Eliseo Iannini ha fatto una strana marcia indietro motivando “ che l’Aquila Calcio era stata oramai ceduta a titolo oneroso” quando Ius aveva dichiarato “ che era pronto a strappare l’accordo”? Perché gli imprenditori aquilani, nonostante le garanzie ( vere questa volta) presentate dalla società con il lavoro di Gulluni hanno mostrato come detto dall’assessore Piccinini “ totale disinteresse “ verso la causa rossoblu? Ricordiamo, per dovere di cronaca, che prima di quel 6 aprile 2009 i flussi di cassa nel settore edile non erano proprio uguali a quelli del post sisma e che magari anteporre il salvataggio dell’Aquila calcio alle inimicizie personali e alle “ rivalità” lavorative era cosa doverosa. Non un obbligo per carità. E quindi si riparte dal basso. Se conoscessero questa situazione in Irpinia, in Umbria, nel Friuli direbbero in coro “ sorridete siete su scherzi a parte”. E invece è tutto vero. Con una “ minors” che aspetta i rossoblu. E su questo siamo d’accorso con Piccinini: squadra a Penzi. Senza aquilani. Potevano pensarci prima. Ianni e Rossi saranno sempre i benvenuti per area tecnica e settore giovanile. I tifosi chiedono a gran voce una società nuova senza unioni. Se dovesse ( difficile) essere promozione siamo d’accordo. In caso di ( umiliante) prima categoria si mettano da parte ideologie e principi e si lavori con l’Amiternina. Dieci km di distanza non possono essere tali da definirla un società lontana o di fuori. E per finire alla “ piazza” che ha scelto di disertare e di urlare ( a ragione ) solo l’odio per Chiodi e per la società una tiratina d’orecchie. Immaginate che bello lo scorso anno uno stadio pieno di colori rossoblu aiutare una squadra che ha fatto tanto bene. Sarebbe stato uno schiaffo alla società ancora più doloroso di quello dato con le critiche e con gli spalti vuoti e magari avrebbe attratto qualche imprenditore con volontà vera di fare calcio. È finita cosi. In un mare di vergogna, un mare tanto grande quasi quanto l’oceano finanziario che la ricostruzione ha portato ma che resta nelle tasche di pochi. Bontà loro.