L’Aquila rugby – Un vergognoso e umiliante fallimento ha cancellato la fetta più importante della storia sportiva della città. Dai cinque scudetti all’arrivo del professionismo: finisce così la palla ovale che aveva saputo esaltare il capoluogo nel mondo. Mercoledì 16 ottobre alle 21 speciale su Rete 8 sport
Carlo Caione che corre sul manto erboso dello stadio Plebiscito di Padova è il simbolo del rugby neroverde dell’ultima generazione, quella che non può ricordare i vari Autore e Di Zitti, quella che festeggiava sulle spalle di papà gli scudetti dell’81 e dell’82 dei giovanissimi Mascioletti e Ghizzoni poi diventati le bandiere del rugby aquilano. Quel rugby che oggi non c’è più, lacerato e trascinato via da un fallimento vergognoso e umiliante e che ha radici lontane e ben consolidate nel dna della nostra città. Carlo Caione che corre con la bandiera neroverde per festeggiare il quinto scudetto rappresenta l’apice ma anche l’inizio della lunga discesa, con un unico scatto orgoglio che portò alla finale di Roma qualche anno più avanti. Quel giorno a Padova i neroverdi del presidente Pietrosanti vinsero contro il Milan di Berlusconi e sulle maglie comparve la scritta L’Aquila ovvero il cuore e l’orgoglio della città. Sulle maglie rossonere invece la scritta Mediolanum, un grosso sponsor che portava un messaggio chiaro: il rugby viaggiava verso il professionismo. Ed ecco perchè è l’inizio della fine e il dna sportivo della nostra città dice che lo sport professionistico non si può e non si deve fare. Una lunghissima emorragia che neanche gli introiti economici del post terremoto hanno saputo fermare. Il rugby aquilano non c’è più, cinque scudetti e due coppe Italia resteranno sempre chiusi nel cassetto dei ricordi più belli di questa città. Ma basta chiudere gli occhi e fare un salto indietro con la memoria per rivedere gli spalti del Vecchio Comunale carichi di bandiere neroverdi, per rivivere quelle settimane sotto i portici dove si parlava con il sorriso della partita di domenica e quando Petrarca Padova, Rovigo o Treviso bussavano alla porta sapevano bene che l’inferno era pronto a scatenarsi. Attimi indelebili che per chi ama l’Aquila e ama il rugby sono vivi e sempre lo saranno. Ma torniamo a Padova, era il 23 aprile del 94 e sugli spalti del Pleibiscito si alzò uno striscione ” Benvenuti al Tommaso Fattori”. Per chi conosce il rugby si traduceva in “benvenuti all’inferno “. E il Milan miliardario alzò bandiera bianca contro una città intera arrivata nel Veneto. La meta decisiva di Danie Gerber raccontata con voce emozionata in diretta radio da Paolo Pacitti fu l’apoteosi anche per chi a Padova non era potuto arrivare : ” Wim Visser….che cerca Danie Gerber….Danie Gerber …ed è la meta …è la meta di Danie Gerber …”Già, Danie Gerber il giocatore più forte del mondo che aveva scelto l’Aquila e che aveva saputo emozionarsi per una meta in maglia neroverde lui che con gli Springboks era diventato il simbolo del rugby mondiale. Magie neroverdi si chiamavano ma tutto questo non c’è più. Il sindaco Biondi ha usato un termine forte: “questo è il risultato delle gestioni pane e frittata”. Come dargli torto, sopratutto in una città che da 2009 di economia ne sta masticando tanta. Ed allora, e il calcio va a braccetto, che si assumano la responsabilità gli imprenditori dal braccino corto che oggi stanno regalando il nulla nel rugby e una “promozione” nel calcio finanziata però dai tifosi. E con loro chi ha gestito in modo poco oculato negli ultimi anni. Meglio si poteva e si doveva fare. La storia della città racconta che il professionismo è lontano anni luce. Nessuno chiedeva scudetti o celtic league , ma la speranza era che di fronte alla cancellazione della storia sportiva della città il braccino corto si allungasse di qualche centimetro. Nulla. Che qualcuno si vergogni. Ed allora non resta che chiudere nuovamente gli occhi e riguardarsi le immagini del vecchio Comunale pieno in ogni ordine di posto con quelle battaglie sportive che sapevano riscaldare le domeniche del freddo inverno aquilano. Un giorno il rugby tornerà, la palla ovale rotolerà libera e imprevedibile su quel manto erboso. Quanto ci manchi rugby, questo è solo un arrivederci!