Lega Pro L’Aquila – Abbiamo analizzato il difficile momento rossoblù. Il silenzio stampa proclamato e non rispettato dà lo spunto per sollevare questioni più importanti che hanno contribuito a rendere complicato il cammino sportivo
Proclamato con forza dopo la sconfitta domenica scorsa al Fattori, il silenzio stampa è durato 24 ore. Poi è stato disatteso. In mancanza di note ufficiali che abilitavano a parlare il presidente piuttosto che il vice presidente, dobbiamo immaginare che la società abbia disubbidito a se stessa o non abbia condiviso una regola che essa stessa si era data. Ma questa confusione dà solo lo spunto per un’analisi profonda e che deve far riflettere. Affinchè i risultati sportivi arrivino occorre che tutte le componenti funzionino come un orologio. La domanda è: quanto può essere compatta e forte una società dove un esponente decide una cosa e un altro la disattende? Sintomo indiscutibile di contrasti interni chiari ed evidenti in barba alla dichiarazioni di facciata. Contrasti che poi si riflettono sulla squadra, sull’armonia e sull’equilibrio. Ma in ogni ambiente dove a comandare ci sono più persone è scontato che si possano respirare diverse opinioni: nel calcio urge invece massima condivisione. Ed ecco allora che facciamo un altro salto indietro. E’ proprio impossibile che il cantiere più grande d’Europa non riesca ad esprimere un gruppo forte, coeso, con unità di vedute e con un capo che abbia la forza di comandare e di dettare la linea comune? I tanti soci ben vengano ma a comandare deve essere uno. Guardiamo in Abruzzo per fare due esempi. Pescara: tanti soci ma decide Daniele Sebastiani con autorevolezza. Teramo: Luciano Campitelli. E’ solo un caso che nel girone di andata con i vari Anderson, Bigoni, Zandrini, Sanni in campo la squadra aveva collezionato 24 punti? Che moltiplicati per due senza gli ulteriori 6 punti di penalizzazione farebbe 42. Ovvero salvezza tranquillissima. A settembre c’era quel progetto, non ambizioso ma comunque lineare, e in campo la squadra era tranquilla pur con le sue carenze tecniche. Da gennaio in poi ne sono successe di tutti i colori: dalle lamentele per le scadenze da onorare, al processo di dirty soccer, dalla cessione agli imprenditori poi rivelatisi non concreti agli errori tattici ( il 3-4-3 era proprio necessario ?) per finire con la mancata condivisione dell’esonero di Perrone. Ed ecco che una squadra oggettivamente più forte di quella del girone di andata si ritrova ora in grave crisi, mentalmente a pezzi e con i play out dietro l’angolo. Che il messaggio sia chiaro: dare il massimo in questo mese e mezzo e poi fare una società forte, unita e che non si destabilizzi. Magari carica di entusiasmo. Poi del silenzio stampa rispettato o meno interessa poco. Il campanello d’allarme che ha fatto suonare però rimbomba a più non posso.